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Mertens: «Osimhen è super. L’Higuain dei 36 gol fu un mostro. Sono innamorato di Di Lorenzo»

Al CorSport: «Quando il Napoli non avrà più bisogno di me tenderò la mano e sarò grato di tutto. A Sarri dissi: vado anche in porta, perché in panchina ci sto male»

Mertens: «Osimhen è super. L’Higuain dei 36 gol fu un mostro. Sono innamorato di Di Lorenzo»
Db Torino 06/01/2022 - campionato di calcio serie A / Juventus-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Dries Mertens

Il Corriere dello Sport, a firma Antonio Giordano, intervista Dries Mertens. Dalle sue parole trasuda tutto il suo amore per la città, il modo in cui si sente a casa. Parla del modo in cui la paternità lo ha cambiato, dell’ammirazione per la moglie Kat, di quanto sia importante per lui vivere a Palazzo Donn’Anna, la magia insita nelle infinite possibilità di vita che gli offre la sua casa, dell’empatia con i napoletani. E parla anche del suo futuro.

«Io sto qua. Ho un contratto con opzione a favore del club. Aspetto e poi si vedrà. So che esistono due strade, una è quella dell’addio. E so anche che nel momento in cui sarà inevitabile salutarsi, a casa Mertens piangeranno tutti, io, Kat, anche il bambino, mi creda. Io qui sono un uomo felice e lo è la mia famiglia. Ma bisogna essere realisti e pratici: il Napoli potrebbe non avere più bisogno di me e spero non accada subito, però nel caso in cui questo si dovesse verificare, io tenderò la mano, sarò grato per avermi dato la possibilità di appartenere a questo mondo e di avermelo fatto apprezzare. Non dimenticherò un solo istante».

Chiarisce la sua strategia per favorire il rinnovo.

«Segnare tanto, così Adl sarà costretto a tenermi. Più gol faccio e più lui capirà che varrà la pena farmi firmare».

Confessa di avere anche un asso nella manica.

«Invece di andare in giro a buttare soldi, per comprare un attaccante, gli concedo la possibilità di tesserare mio figlio. Ha un centravanti giovane, con una carriera lunga davanti a sé. Ed io non devo mollare né la casa né tantomeno Napoli».

Mertens parla anche di calcio. Dice che la squadra più forte in cui ha giocato è quella del secondo anno di Sarri, che chiuse il campionato a 91 punti. Poi gli viene chiesto di Orsato. Cosa pensa se si fa il nome dell’arbitro?

«Che non bisogna avere rimpianti. Mi capita raramente di pensarci, e certo fa un po’ male, come quando mi capita di ricordare del gol in fuorigioco concesso al Dnipro in semifinale di Europa League. Ma a me non interessa guardarmi alle spalle, né davanti: vivo il presente».

Guarda avanti, alla Salernitana, prossima avversaria in campionato. Si rammarica per i punti lasciati per strada e si chiede:

«Se il secondo Napoli di Sarri è stata la squadra più bella, questa lascia dentro di sé tante domande: dove saremmo se Covid, infortuni e Coppa d’Africa non ci avessero sottratto tutti quei compagni?».

Cosa è stato Mertens?

«Un buon giocatore, non un fenomeno. Ma uno che ha lavorato e si è impegnato per migliorarsi».

Su Osimhen:

«So quanto vale e cosa può diventare. Dipenderà molto da lui, dalla sua capacità di gestirsi. Ha un potenziale spaventoso, già adesso incide come pochi, ed è ancora giovanissimo. In due anni ne ha dovuto passare troppe. Ma adesso toccherà a lui».

Il migliore con cui ha giocato? Higuain, risponde.

«L’Higuain dei 36 gol non ha eguali. Io sono compagno in Nazionale di De Bruyne e di Lukaku, che rappresentano eccellenze. Ma il Pipita di quella stagione faceva di tutto e giocava per la squadra. Fu un mostro».

Quando gli chiedono di eleggere il suo allenatore tra Benitez, Sarri, Ancelotti, Gattuso e Spalletti risponde di furbizia e simpatia:

«Spalletti. Così mi fa giocare anche domenica».

Racconta cosa disse a Sarri quando il tecnico lo lanciò come centravanti:

«Vado anche in porta. Perché io in panchina ci sto male. La sorte quella volta fu carogna con Milik, al quale auguro tutte le fortune che merita. Giocatore fortissimo. Ma si fece male, lui che era l’erede del Pipita, e così mi ritrovai là in mezzo. Non è andata male, vero?».

 

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