Sul CorSera. In cinque anni sono spariti 4mila fischietti. Colpa dei rimborsi spese esigui, del Covid, ma anche della violenza. «L’arbitro viene ancora visto come uno diverso»
In Italia, in cinque anni, sono spariti 4mila arbitri: nel 2016 erano 33 mila, all’inizio di questa stagione ne sono rimasti 29 mila. I dati sono del Corriere della Sera, che ragiona sulle cause della fuga: Covid, certo, e paghe bassissime (si parla di rimborsi di 30 euro a partita, in media, tutto compreso), ma soprattutto, a monte, c’è la paura delle violenze a cui i direttori di gara sono esposti. Lo racconta al quotidiano il presidente dell’Aia, Alfredo Trentalange.
«I genitori vengono nelle sezioni e ci dicono: da quando mio figlio arbitra è più sereno, più riflessivo a scuola, più ordinato in casa. E tra di voi ha trovato amici nuovi. Però non possiamo mandarlo nei campi e vivere ogni domenica con il terrore di essere chiamati dal Pronto soccorso».
Il CorSera sciorina i dati delle violenze: a dicembre erano già 85 gli episodi incriminati, di cui 4 su arbitri donne. In 25 casi le violenze hanno portato gli arbitri in pronto soccorso con prognosi di 126 giorni. Gli episodi si sono verificati ovunque, senza differenze: 12 in Campania, 10 in Piemonte, 9 in Toscana, 8 nel Lazio, 7 in Lombardia e Umbria. In 47 casi da parte di calciatori, 29 volte da dirigenti e in 9 casi da parte di estranei, tra i quali i genitori.
Da quest’anno, i ragazzi tra i 14 e i 17 anni possono ricorrere al doppio tesseramento: possono, cioè, arbitrare anche se giocano a pallone. Ma il problema è soprattutto educativo.
«L’arbitro viene ancora visto come uno diverso, come l’uomo nero. Ma quando un giovane calciatore entra nello spogliatoio e racconta l’esperienza differente che sta facendo, avvicina i compagni al ragazzo che la domenica successiva dirigerà la loro partita. E poi può spiegare il regolamento perché — parliamoci chiaro — quasi nessuno lo ha mai letto».