ilNapolista

Gianluca Cofone: «Ho sofferto per il nanismo. Ero fidanzato e la madre si oppose»

L’attore racconta al Corsera: «Siani mi ha dato per la prima volta un ruolo più completo. Non solo, quando stavamo per girare il film ho avuto il Covid: lui mi ha aspettato, mi chiedeva come stessi, si informava»

Gianluca Cofone: «Ho sofferto per il nanismo. Ero fidanzato e la madre si oppose»

Il Corriere della Sera pubblica oggi una lunga intervista a Gianluca Cofone, affetto dalla nascita da nanismo acondroplasico e oggi attore, youtuber e «creatore di contenuti digitali» seguito da migliaia di persone sui social.

Lo scorso mese è stato nel cast di due film: Io sono Babbo Natale e Chi ha incastrato Babbo Natale.

Ha cominciato a pubblicare video sui social per scardinare alcuni dei pregiudizi che ci sono sui nani. È stato Alessandro Siani ha porgergli una mano e a dargli la possibilità di mettersi in gioco sul grande schermo

«Siani mi ha dato per la prima volta un ruolo più completo. Non solo, quando stavamo per girare il film ho avuto il Covid: lui mi ha aspettato, mi chiedeva come stessi, si informava… mi ha dato una bella opportunità, che non mi aspettavo di poter avere».

Gianluca ha vissuto male la notizia che non sarebbe cresciuto come tutti gli altri. Lui, appassionato di calcio e anche bravino, avrebbe voluto fare il calciatore da grande. Da bambino la sua fort6una è stata quella di crescere in una cittadina di provincia, Chieri, vicino Torino, dove quasi tutti sapevano chi era. Gianluca non si sentiva diverso ne suo fratello più grande io coinvolgeva.

Poi sono arrivate le delusioni personali per le cose che pensava di non poter fare, ma anche le offese

«La mamma di una mia fidanzata che non riusciva proprio a digerire che la figlia volesse uscire con uno come me. Solo per il mio aspetto. Anche se cerchi di non darci peso sono cose che ti segnano. Come pesanti sono state anche le prime uscite in gruppo, con gli amici: ricordo i gruppetti di persone che mi fissavano, mi guardavano male… tutti momenti, però, che hanno formato il mio carattere: mi sono fatto le ossa».

«Se ripenso alla mamma di quella mia fidanzata di un tempo il dolore è ancora piuttosto forte. Si dovrebbero compiere molti passi a livello di società se dei genitori s no ancora disposti a lottare contro una relazione non perché il “genero” tratti male la figlia ma per il suo aspetto. Preferendo magari un ragazzo belloccio ma con meno sentimenti. Credo però che l’ignoranza è ben peggio della mia condizione. E aggiungo anche che una parte di me capisce che un genitore possa avere dei pensieri se la figlia decide di frequentare uno come me: pensi che la gente di colpo la giudichi. Però poi biso- gnerebbe fare un passo in più, andare oltre».

I primi approcci con la gente non sono stati facili, quando le persone ti guardano con occhi diversi

«lì ho iniziato a capire che c’era qualcosa che non andava. E ancora adesso capitano situazioni che mi fanno male: se vado a fare la spesa con mia mamma, ad esempio, non posso aiutarla con i pacchi pesanti e mi dico “se non fossi così l’aiuterei”. Per fortuna ho un carattere forte abbastanza per superare questi pensieri».

ilnapolista © riproduzione riservata