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Flachi: «Giusta la squalifica di 12 anni, chi sbaglia deve pagare. Mi ha fatto bene al corpo e allo spirito»

Al CorSera: «Tutta colpa mia. Ho buttato alle ortiche una bella carriera. Il dolore ti aiuta a cambiare, a crescere» 

Flachi: «Giusta la squalifica di 12 anni, chi sbaglia deve pagare. Mi ha fatto bene al corpo e allo spirito»

Il Corriere della Sera intervista Francesco Flachi, ex centravanti di Fiorentina, Samp, Bari e Empoli. Dopo una maxi-squalifica di 12 anni per cocaina debutterà il 13 febbraio nel torneo Eccellenza, con il Signa.

«I dodici anni di squalifica mi hanno fatto bene al corpo e allo spirito. Pena che ho appena scontata per intero, senza drammi e vittimismi. Tutta colpa mia, mi sono complicato la vita, ho buttato alle ortiche una bella carriera ma non ho mai smesso di combattere. Troppi 12 anni di squalifica? Chi sbaglia deve pagare. E adesso torno in campo con una voglia immensa di sfondare la rete».

Flachi dice di sentirsi bene, di divertirsi, ma di non aver dimenticato il passato.

«Mai dimenticare. Il dolore ti aiuta a cambiare, a crescere. I primi anni di squalifica sono stati tremendi. Ti mancano gli stadi, l’agonismo, i tifosi. Qualcuno mi trattava da drogato. Ho sbagliato un paio di volte ma non sono mai stato un tossicodipendente. Non gli ho dato ascolto, avevo ancora le spalle larghe anche se non è facile perdersi quando hai assaporato il sapore del successo e poi ti ritrovi a terra. Però, grazie anche agli amici, sono stato bravo. Mi sono ricostruito, ho scritto un nuovo capitolo della mia vita».

Dopo la squalifica ha aperto due paninoteche a Firenze.

«Nella mia vita non avrei mai pensato di fare il paninaro e invece mi sono anche divertito. Poi arrivavano i tifosi, mi sostenevano, mi davano forza. Ma il calcio ce l’avevo ancora in testa. Facevo l’opinionista in una radio locale e continuavo ad allenarmi per prepararmi al nuovo debutto. Ho superato momenti bui. Quegli anni m’hanno insegnato a non buttarmi via, a risorgere».

A giugno, dice, inizierà il corso per diventare allenatore.

«Mi sento ancora un calciatore e dunque mi metto sul mercato».

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