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Ibrahimovic e il Manchester United: «Mi tolsero dallo stipendio una sterlina per il succo di frutta al minibar»

Nella sua autobiografia. “Mentalità provinciale. In Italia non sarebbe mai successo. Ogni giorno, all’ingresso dell’allenamento, mi chiedevano i documenti”

Ibrahimovic e il Manchester United: «Mi tolsero dallo stipendio una sterlina per il succo di frutta al minibar»
Mg Bologna 23/10/2021 - campionato di calcio serie A / Bologna-Milan / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Zlatan Ibrahimovic

Nella sua biografia “Adrenalina”, Ibrahimovic fa a pezzi il Manchester United. Lo definisce un club dalla mentalità piccola e chiusa.

Scrive, ripreso da Athletic:

Tutti pensano allo United come a un top club, uno dei più ricchi e potenti del mondo e visto dall’esterno mi sembrava così. Una volta lì, invece, ho trovato una mentalità piccola e chiusa.

Racconta con indignazione quella volta che gli tolsero una sterlina dallo stipendio per un succo di frutta consumato in trasferta al mini-bar.

Un giorno ero in hotel con la squadra prima di una partita. Avevo sete così ho aperto il mini-bar e ho preso un succo di frutta. Abbiamo giocato e poi siamo andati a casa. Passò del tempo. Arriva la mia busta paga. Di solito non la guardo. Lo faccio solo alla fine della stagione. Quella volta, non so perché, ero curioso e notai che avevano preso una sterlina dal mio stipendio.

Chiamai il team manager e chiesi come mai. Lui mi rispose: “Era il succo di frutta dal mini-bar”.
Stai scherzando?
No. Qui, se ordini qualcosa, devi pagarlo.
Certo, ma non sono andato in albergo di mia iniziativa. Non ero in vacanza. Era il mio posto di lavoro. Ero lì per il Manchester. Se devo giocare e ho sete, devo bere. Non posso andare in campo disidratato.

“Incredibile, una sterlina. Una cosa del genere in Italia non sarebbe mai successa. Questi sono i dettagli che fanno la differenza e guadagnano il rispetto dei giocatori.

Ogni giorno, all’ingresso, mi chiedevano di mostrare i miei documenti per entrare nel campo di allenamento. Abbassavo la finestra e dicevo alla persona al cancello: “scolta amico mio, vengo qui ogni giorno da un mese. Sono il miglior giocatore del mondo. Se ancora non mi riconosci, hai sbagliato lavoro”.

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