ilNapolista

Barbas “Beto” su Maradona: «In Argentina ne parliamo come se fosse ancora vivo»

Al Messaggero: «Ci conosciamo da ragazzi. Io posso dire di aver visto il miglior Maradona, non voi. Quello dei 18-20 anni. Gli argentini lo ameranno sempre più di Messi»

Barbas “Beto” su Maradona: «In Argentina ne parliamo come se fosse ancora vivo»
archivio storico Image Sport / Napoli / nella foto: Diego Armando Maradona foto Imago/Image Sport

Sul Messaggero un’intervista a Juan Alberto Barbas, Beto. L’ex centrocampista del Lecce e Diego Armando Maradona erano amici fin da bambini. Insieme hanno vinto con l’Argentina il Mondiale under 20, nel 1979. Racconta come si sente ora che Diego è morto.

«Come tanti argentini. Non posso ancora credere che Diego non ci sia più. Ne parliamo come se fosse vivo. Oltre a quello che ha dato a tutto il paese, ci guarda continuamente: dietro casa mia, come in ogni barrio di Buenos Aires o di ogni altra città, c’è un murale con la sua immagine. Qui i problemi aumentano. Il paese è in rovina, eppure anche oggi è giorno di festa. Qua si festeggia sempre e non si lavora mai. Io non lavoro da mesi, fare l’allenatore è un casino».

Parla di lui:

«Con Diego ci conosciamo da ragazzi, lui nell’Argentinos Jr, un fenomeno già a 16 anni, io nel Racing. Avevamo in comune la fame, la povertà, la periferia: lui Villa Fiorito, io Villa Zagala, famiglie piene di fratelli, genitori con lavori minimi, i digiuni. Siamo diventati amici. Sua moglie Claudia è la madrina di mia figlia. Sempre insieme nelle ricorrenze. Un uomo generoso con tutti. E in campo faceva cose, Diego. Io posso dire di aver visto il miglior Maradona, non voi. Quello dei 18-20 anni. Dribblava tutte le difese e segnava. Non stava fermo un attimo, e voleva la palla addosso. Anche Menotti e Bilardo ci dicevano di dargliela comunque tanto era sempre marcato, poi ci avrebbe pensato lui. Ci faceva divertire e vincere, ci faceva guadagnare dei soldi. Al Mondiale 1982 si fece espellere contro il Brasile per vendicare un fallo di Batista su di me. Gli argentini lo amano e lo ameranno sempre più di Messi, che è un giocatore diverso. Un numero uno, ma più freddo».

I due si sono ritrovati in Italia.

«Cercò anche di portarmi a Napoli ma il Lecce non mi lasciò andare. Quanto mi sono divertito da voi, che giocatori. Adesso non ce ne sono più così».

E sulla fine di Maradona:

«Soltanto lui sa perché è finito così, dalla droga in poi. Ma essere Maradona non era una passeggiata: non aveva vita privata, non poteva uscire con i figli. Chi può giudicarlo? Io l’ho sentito fino a quando ha allenato in Messico, poi nessuno l’ha più avvicinato, nemmeno i compagni del Mondiale 1986. Poverino, non camminava e non parlava bene, aveva intorno gente che l’ha isolato. E intanto anche i parenti contro. Lo scorso 30 ottobre ho giocato in un’amichevole allo stadio dell’Argentinos Jr. C’erano la sorella di Diego e il nipotino. Le figlie erano a un’altra festa, allo stadio del Boca. E’ un peccato che ci siano queste divisioni, lui non lo avrebbe voluto. Diego ha sempre cercato di tenere tutti uniti».

 

 

ilnapolista © riproduzione riservata