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Tamberi: «La regola sul pari merito va cambiata. Se avessi chiesto di proseguire sarei passato per superbo»

A Repubblica: «Non dovrebbe mai toccare all’atleta decidere, non è giusto. Per me e Barshim è stata un’occasione unica di amicizia. A Tokyo ha fatto comodo a tutti»

Tamberi: «La regola sul pari merito va cambiata. Se avessi chiesto di proseguire sarei passato per superbo»
Tokyo (Giappone) 01/08/2021 - Salto in Alto / Olimpiadi Tokyo 2020 / foto Imago/Image Sport nella foto: Gianmarco Tamberi

Repubblica intervista Gimbo Tamberi, oro alle Olimpiadi di Tokyo con Barshim, con una decisione di ex aequo lasciata dai giudici proprio a loro due: accettarono di condividere la medaglia. Quella regola, però, dichiara Gimbo, va cambiata.

«Non dovrebbe mai toccare all’atleta decidere il pari-merito. Non è giusto, e se uno dei due non è d’accordo che si fa, si tira la monetina?».

Tamberi difende il gesto fatto e lo definisce un segnale di amicizia pura. Con Barshim ha condiviso tanto nel corso degli anni, compreso un infortunio.

«Io mi sono fatto male a Montecarlo il 15 luglio del 2016, a tre settimane dai Giochi di Rio, lui a luglio 2018, alla caviglia sinistra, quella di stacco. E io lì ho rivissuto il mio trauma, ma sono stato zitto, mi veniva solo da piangere perché lui non si rendeva conto di quello che avrebbe dovuto affrontare. Cosa vuoi dire ad un amico: passerai anni tristi e difficili, pieni di frustrazione e forse anche di depressione? Mutaz Barshim, quando non volevo parlare con nessuno, dopo i tre nulli alla misura d’entrata a Parigi, nel meeting del 2017, è rimasto mezz’ora a bussare alla mia stanza d’albergo finché non l’ho lasciato entrare. Vi rendete conto cosa significa attendere cinque anni e arrivare alla conquista di una finale olimpica con un amico che aspetta anche lui il primo oro? Sì, è stato Barshim a chiedere al giudice: possiamo vincere tutti e due? Poi mi ha guardato, come a dire: ci stai? Non c’è stato nemmeno bisogno della mia risposta. E chi ero io per rifiutare un oro all’Italia? Avessi detto no e l’avessi perso mi avrebbero sommerso di critiche: presuntuoso, superbo, egoista. È stata un’occasione unica di amicizia. Non sapevo che Elena Isinbaeva, primatista mondiale dell’asta, avesse criticato la scelta, si vede che in pedana ha avuto soltanto avversarie e nemiche. Mi dispiace per lei».

Ma non dovrebbero comunque essere due atleti a decidere.

«Dovrebbe decidere il regolamento, senza possibilità di accordo. A noi va il compito di saltare, e basta. Tokyo è stato un fatto eccezionale, ma ha fatto comodo a tutti, perché altrimenti la finale dei 100 metri sarebbe stata ritardata e alla programmazione televisiva non andava bene. Chi garantiva che io e Barshim non avremmo continuato a fare pari misure per ancora un’altra ora? E chi mi dice che magari il mio oro non abbia motivato Jacobs a pensare che anche lui ce la potesse fare?».

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