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«Abbiamo studiato tutto di Tokyo, l’umidità, il sonno: i cinque ori dell’atletica non sono un caso»

Alla Gazzetta il dt dell’atletica La Torre: «Abbiamo avuto un approccio scientifico. Nel 2019 andammo in Giappone con alcuni atleti per capire le condizioni»

«Abbiamo studiato tutto di Tokyo, l’umidità, il sonno: i cinque ori dell’atletica non sono un caso»
Tokyo (Giappone) 01/08/2021 - Atletica Leggera 100 mt / Olimpiadi Tokyo 2020 / foto Imago/Image Sport nella foto: Marcell Jacobs-Gianmarco Tamberi

La Gazzetta intervista Antonio La Torre direttore tecnico della Nazionale di atletica leggera che a Tokyo ha conquistato cinque ori. Un risultato che nemmeno lui si aspettava ma che certo non è frutto del caso, come spiega.

«Siamo stati bravi in tanti aspetti. Nella programmazione, nella nuova filosofia di lavoro, nella valorizzazione dei tecnici, nella capacità di creare un gruppo in luogo di una nazionale a compartimenti stagni. Il gruppo fa sempre la differenza. I cinque ori possono sembrare un miracolo, e forse lo sono. Ma non sono stati manco figli del caso».

«Siamo arrivati con un approccio molto scientifico. Nel 2019 siamo andati in Giappone con alcuni atleti, tra cui Stano e Palmisano, per studiare, nel periodo dei Giochi, tutte le condizioni che avremmo potuto trovare. Antonella ci ha maledetto per averla fatta alzare alle 4 di mattina… Ma alla fine ne è valsa la pena. Abbiamo raccolto dati che abbiamo anche fornito ad altre federazioni. Umidità, temperatura corporea, temperatura intestinale, analisi in 3D… E poi l’aspetto del sonno: con Jacopo Vitale, ricercatore del Galeazzi, abbiamo lavorato con i big azzurri, che infatti non hanno avuto problemi di jet lag. E di una cosa sono orgoglioso… che anche i giapponesi ci hanno riconosciuto di aver preparato meglio di loro i Giochi. Sono sempre stato convinto che, in un’edizione così particolare, i risultati avrebbero premiato chi si fosse adattato meglio alle difficoltà, indotte da clima, pandemia, assenza di pubblico, difficoltà di contatto fra gli atleti. E noi, durante il lockdown, ci siamo mossi meglio degli altri».

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