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Spinazzola: «Noi azzurri siamo una classe delle medie in gita. Per il consiglio giusto c’è Vialli»

A Repubblica: «Il crociato ti ferma la vita, il tendine è come uno strappo. Servivano Gasperini e l’Atalanta per aprirmi la mente: lì giocavo già come all’Europeo, ma si notava meno»

Spinazzola: «Noi azzurri siamo una classe delle medie in gita. Per il consiglio giusto c’è Vialli»
Db Bologna 04/06/2021 - amichevole / Italia-Repubblica Ceca / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Leonardo Spinazzola

Su Repubblica un’intervista a Leonardo Spinazzola, l’eroe con le stampelle di Euro 2020. Si è rotto il tendine di Achille, resterà fuori a lungo, Mourinho lo aspetta.

«Dolore vero, solo la notte dopo l’operazione in Finlandia, per il resto tristezza ma non male. Il crociato è molto, molto peggio. Il crociato ti ferma la vita, il tendine devi solo aspettare che si calcifichi, è come uno strappo. Poi ci lavori sopra, non è un problema meccanico ma di fibre. Tra una settimana tolgo i punti e comincio con un obiettivo al giorno, e se tra 6 mesi non riprendo a giocare vado in campo per forza, da solo, e voglio vedere chi mi acchiappa».

Descrive l’Italia come convinta di poter arrivare in finale sin dall’inizio, ma, allo stesso tempo, «una banda di cazzeggiatori».

«Sapete chi siamo, noi azzurri? Una classe delle medie in gita. Facciamo scherzi scemi, ci prendiamo in giro, ci diamo le botte e mai un battibecco vero in 45 giorni. La Nazionale è la prova di quello che può combinare un gruppo di persone solari, di amici veri che chiedono solo di divertirsi e volersi bene».

Spinazzola è volato a Wembley con la squadra, per la finale. Racconta le ore della vigilia.

«Mai visto una squadra più tranquilla. Il sabato sera abbiamo cenato al centro sportivo del Tottenham, poi siamo usciti in una specie di giardinetto, ci siamo distesi sulle sdraio e abbiamo cominciato a raccontarci cose. Il più forte di tutti è Sirigu che si è messo a dirci di mondiali ed europei, lui è un burlone vero, alle 6 di mattina noi si torna in albergo e lui si mette a ballare, taglia le maglie con le forbici, scrive i bigliettini per motivarci. Mitico».

Parla di Mancini.

«Impagabile nel tenere sempre il tono giusto, quando parla e quando sta zitto. La tranquillità del gruppo dipende da lui e dal suo staff, Daniele, Faustino, Attilio, Lele, Luca, tutti ex giocatori che non hanno smesso di esserlo nel loro cuore, e da compagni di squadra si comportano. Compagni e compagnoni».

E poi c’è Vialli.

«Lui è l’anima saggia. Se vuoi il consiglio giusto, devi rivolgerti sempre a Luca. Un uomo grandissimo».

Su Chiellini:ù

«All’inizio ha preso da parte i più giovani e ha detto: “Il primo grande torneo pesa, gli altri invece ve li godrete”. E Giorgio si è goduto tutto. Io l’ho osservato bene, ogni piccolo gesto dimostrava quanto fosse felice. Per lui sono state sette amichevoli anzi sei, combattute però come un drago. La dedica a Davide Astori ci ha fatto piangere».

Gli chiedono come mai ci ha messo tanto per arrivare al successo.

«Non ero ancora maturo, e ho faticato parecchio a trovare il ruolo giusto in campo. A Empoli con Sarri ho cominciato da esterno d’attacco, però non si vinceva e lui cambiò modulo, così non c’era più spazio per me. Andai via, volevo giocare. Ma neanche a Lanciano trovavo posto. A Siena mi dicevano “aspetta, porta pazienza e il tuo momento verrà”: giocai molto bene da gennaio a giugno, poi passai all’Atalanta dove Colantuono mi mise fuori dopo poche partite. Niente. Andai via anche da lì. Non era ancora il momento. Mica facile, tutti hanno fretta. Finisce che gioco poco anche a Vicenza, in B, sceso di categoria, e finalmente a Perugia con Bisoli comincio a fare il terzino sinistro. Ma servivano Gasperini e l’Atalanta per aprirmi la mente: ecco, lì giocavo già come all’Europeo, però si notava meno».

 

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