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Se l’Italia di Mancini è senza stelle, quella di Conte cos’era? Una squadra di Serie B?

Ai quarti contro la Germania giocò con Sturaro, Giaccherini, De Sciglio, Eder e Pellè. La più grande impresa della sua carriera. Questa, al confronto, è il Brasile del 70

Se l’Italia di Mancini è senza stelle, quella di Conte cos’era? Una squadra di Serie B?
Mg Bordeaux (Francia) 02/07/2016 - Euro 2016 / Germania-Italia / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Graziano Pelle'

Non ha lo stesso richiamo nostalgico delle grandi formazioni della storia, quelle cantilenate a memoria – “Sarti-Burgnich-Facchetti…” o “Zoff-Bergomi-Gentile-Scirea…” – ma ha un suo fascino, recitata con la metrica di un haiku:

Buffon; Barzagli, Bonucci, Chiellini;
Florenzi, Parolo, Sturaro, Giaccherini, De Sciglio;
Eder, Pellè

L’Italia che cinque anni fa perse solo ai rigori con la Germania, ai quarti di finale degli Europei, va riletta oggi come un monito: se la rosa di Mancini è quella “senza stelle”, “senza fuoriclasse”, quella di Conte cos’era? Il relativismo del pregiudizio è ambivalente: non abbiamo un Lukaku noi, va bene, ma nemmeno più Eder-Pellè, presumibilmente il tandem d’attacco più scarso della storia del calcio azzurro.

Il giochino dei paralleli, per quanto difettoso, ha un valore per ridistribuire un po’ di meriti, a posteriori. E anche per disinnescare meglio i tranelli della comunicazione corrente. Ci siamo raccontati che Mancini ha potuto calamitare su di sé la luce del “personaggio” – stiloso, elegante, azzimato, bello, bravo, bis! – perché tra i suoi convocati non ce n’era uno che svettasse, la rock star. La rosa italiana è stata analizzata, anche giustamente, come un gruppo omogeneo, di pari livello tecnico. Senza picchi, in alto e in basso. Ma è davvero così?

Guardiamo il tabellino di Italia-Belgio del 2016 che finì 2-0 per noi. Buffon; Barzagli, Bonucci, Chiellini; Candreva, Parolo, De Rossi, Giaccherini, Darmian; Pellè, Eder. Se Chiellini recuperasse in tempo, sarebbero solo due i titolari confermati rispetto a quel 13 giugno. All’epoca Immobile subentrò nel finale, Insigne restò in panchina. Il Belgio è quasi la stessa squadra: Courtois, Alderweireld, Vermaelen, Vertonghen, Witsel, De Bruyne, Hazard e Lukaku c’erano allora e ci saranno venerdì, infortuni permettendo. Solo Ciman, Nainggolan e Fellaini non ci sono più.

Nota le piccole differenze: quella Nazionale fu per Conte il vero capolavoro della sua carriera: prese una squadra da Serie B e la portò ad un rigore dalla semifinale europea. Quel Belgio, che pure l’Italia sconfisse, in mano a Martinez arrivò terzo ai Mondiali 2018, è oggi il numero 1 nella classifica Fifa per nazionali ed è considerato il quadro d’una generazione quasi irripetibile.

Riprendiamo il rinfaccio: dove all’epoca si muovevano Eder e Pellé adesso gioca Immobile che l’anno scorso ha vinto la Scarpa d’Oro. Al posto di Parolo e Giaccherini (di Sturaro!) ora Mancini può schierare Jorginho campione d’Europa col Chelsea, Verratti (titolarissimo del Psg), Barella campione d’Italia se non il Locatelli di provincia che al termine del girone di qualificazione era nel best 11 di tutti i principali quotidiani sportivi d’Europa. A sinistra, nel 2016 agivano Darmian o De Sciglio, oggi c’è Spinazzola. La maglia di Eder (che aveva come rincalzo Zaza…) oggi se la giocherebbero Chiesa o Insigne o Berardi.

Va detto anche che quell’Italia agli ottavi fece fuori la Spagna, non la modesta Austria. I rigori contro la Germania poi furono il manifesto della resa tecnica: il destino azzurro restò incollato ai piedi traballanti di Zaza, Pellé e infine Darmian. Zaza avanzò nella ricorsa accumulando un centinaio di strani balzelli prima di sparare altissimo. Pellé, preda dello spirito di Pirlo, annunciò al povero Neuer che lo avrebbe punito con lo scavetto, per poi zappare un piattone a lato.

A Conte, che ha cosparso la carriera di lacrime più o meno gratuite, va riconosciuto il merito di aver fritto con l’acqua (nemmeno minerale) una delle più dignitose avventure della nostra Nazionale. E di aver messo un paletto: la prossima volta che lamentiamo poca qualità, penuria di campioni, assenze del fuoriclasse, sarebbe il caso di recitare l’haiku del 2016:

Buffon; Barzagli, Bonucci, Chiellini;
Florenzi, Parolo, Sturaro, Giaccherini, De Sciglio;
Eder, Pellè

La prossima volta è oggi: con lo stesso vecchio Belgio c’è una nuova Italia. Va bene restare sotto traccia, ma a tutto c’è un limite. Quel limite si chiama Eder-Pellé.

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