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Così la Superlega è un azzardo: dodici club col cappello in mano davanti a JPMorgan

La Germania è fuori, sei club sono del Paese fuori dall’Europa e la Uefa recita la parte di Catalina contro gli ingordi: una commedia degli equivoci

Così la Superlega è un azzardo: dodici club col cappello in mano davanti a JPMorgan
La bomba Superlega in fondo è il precipitato calcistico della feroce concentrazione del capitale, che nella pandemia trova un eden emergenziale per accelerare con brutalità e togliersi la maschera di ogni giro di parole, di ogni belletto diplomatico.
Qua ci sono dodici club europei che si sono messi col cappello in mano davanti a 3,5 miliardi di un fondo di investimenti americano (dal 2019, il Bernabeu lo sta rifacendo JPMorgan) per rientrare dai ricavi perduti negli ultimi dodici mesi.
Se si pensa che di questi dodici club nessuno appartiene al Paese più ricco e potente d’Europa e ben la metà al Paese che si sente meno europeo in Europa, la deduzione geopolitica è che gli attori della Superlega avallano un’operazione finanziaria con pesanti ricadute di colonialismo culturale e per questo fanno una scommessa che assomiglia a un colossale azzardo.
La cosa sublime è che in questo scenario la Uefa accredita di sé l’immagine del paladino di un’idea di calcio in cui la passione è anteposta al business. Ceferin adesso si trova suo malgrado nella parte dell’integerrimo Catilina contro una ristretta oligarchia di ingordi. Roba da commedia degli equivoci di Giovannini e Garinei.
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