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La pallavolista: «Io, incinta, citata per danni dal mio club e criminalizzata come se mi fossi dopata»

Su Repubblica Lara Lugli denuncia il comportamento del Volley Pordenone. «Se annunci di aspettare un bambino, un minuto dopo c’è la rescissione del contratto. È incredibile nel 2021»

La pallavolista: «Io, incinta, citata per danni dal mio club e criminalizzata come se mi fossi dopata»

Repubblica intervista Lara Lugli, pallavolista classe 1980. A marzo 2019 ha comunicato al suo club, il Volley Pordenone, l’impossibilità di proseguire la stagione perché era rimasta incinta. Quando, dopo l’aborto spontaneo, ha chiesto al club il pagamento dell’ultimo stipendio pendente, si è vista recapitare una citazione per danni. L’accusano di non aver onorato il suo contratto, di aver taciuto l’intenzione di avere figli e di non aver completato il campionato.

Lara racconta la sua versione dei fatti, da quando comunicò al club di aspettare un bambino.

«Lo comunico alla società, e loro, come sempre accade in questi casi, interrompono il contratto. È proprio scritto così, è la prassi, per noi di Serie B1 ma anche per le categorie superiori. Siamo dilettanti e non abbiamo tutele, nessuno strumento giuridico in mano. Se ti infortuni, e dipende anche dalla gravità dell’infortunio, il contratto viene onorato. Se annunci di aspettare un bambino, un minuto dopo c’è la rescissione».

Dopo un mese, perde il bambino. Quando, dopo qualche tempo ancora, chiede il pagamento dell’ultima mensilità precedente alla scoperta della gravidanza, quella di febbraio, scatta la citazione del club.

«Con frasi impressionanti per crudezza e arretratezza».

Le accuse, come detto sopra, sono di aver mentito sulla sua intenzione di avere figli e di aver perso, a causa della sua assenza, posizioni in classifica e di conseguenza sponsor per l’anno successivo.

Dice:

«È incredibile che nel 2021 essere incinta debba essere considerata come una mancanza di professionalità, criminalizzata come l’assunzione di cocaina e la conseguente positività a un controllo antidoping. È incredibile che una donna venga umiliata in questo modo e anche i suoi dolori e dettagli molto privati della sua vicenda personale vengano usati. Il tutto per 2500 euro».

Tra l’altro il club le aveva anche detto, dopo l’aborto, che poteva tornare ad allenarsi e andare in panchina.

«Lasciando da parte le condizioni psicologiche in cui mi trovavo in quel momento, è una frase di un’ineleganza mostruosa. Ho provato vergogna, tristezza».

Lara ha denunciato tutto in un post pubblicato su Facebook. E tante atlete nelle sue stesse condizioni l’hanno cercata per raccontare le loro storie.

«Ora vorrei che si mettesse mano una buona volta a questo enorme problema dello sport al femminile. Si parla tanto di pari opportunità e poi una società ha il coltello dalla parte del manico in questi casi. Di fatto, costringe la donna a una scelta: o mamma, o atleta».

 

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