A Repubblica. «Vita e sport non possono stare insieme. Non puoi sconfiggere l’atleta e poi andare a cena allegramente con la persona. È innaturale»
Repubblica intervista Elisa Di Francisca, 38 anni, due ori e un argento olimpici. Ha scritto un libro con Gaia Piccardi. Il titolo è “Giù la maschera. Confessioni di una campionessa imperfetta”, edito da Solferino. Racconta di essere stata vittima di violenza da parte di un uomo, a 18 anni, ma di essersi salvata.
«Dal fatto che credo di averla scampata. Sono sopravvissuta alla violenza maschile. Forse lui mi avrebbe sfigurata, forse sarei finita nel lungo elenco delle donne vittime di un rapporto sbagliato. Invece sono qui, perché ho detto basta, grazie anche a una madre che mi è stata vicina, non solo quando lui con un pugno mi ha spaccato il labbro».
Un fidanzato geloso e manesco, «che mi aveva allontanato anche dalla scherma». Una gravidanza interrotta.
«Ho interrotto la gravidanza, cercando di cancellare quel momento. Ne ho parlato con pochissime persone, ma il dolore lo provi comunque, mi ha fatto molto male, è un pensiero che torna».
Continua:
«C’è stato un momento in cui ho avuto il rigetto degli uomini, almeno di quelli che capitavano a me, così è stato normale avere una relazione con Claudia, una mia compagna di squadra. Nel senso che eravamo molto intime, pensavamo allo stesso modo, avevamo una sensibilità comune e c’è stata una pulsione fisica. Le ho sempre detto: a me piacciono gli uomini, ma se proprio dovessi baciare una donna quella saresti tu. È iniziata così, è durata un anno, lei voleva discrezione, io la provocavo davanti a tutti: dai, amore, sali, che ti aspetto in camera. La seduzione mi piace. Per me era un’esperienza nuova, per lei no, tanto che voleva farmi cambiare idea sugli uomini. Intanto c’è chi mi faceva domande sceme: ma tu per strada chi guardi? Io guardo tutti, perché penso che tutto abbia qualcosa da darmi».
Sulle altre compagne e avversarie:
«Rispetto Valentina Vezzali con cui dividevo palestra e Jesi, ma per quello che mi ha detto e fatto proprio no, abbiamo caratteri diversi. E la battuta sul mio aborto mentre ci sfidavamo in pedana poteva risparmiarsela. Con Arianna Errigo ero amica, dividevamo la stanza, uscivamo insieme, ci confidavamo i segreti».
Un rapporto interrotto dopo la finale olimpica a Londra 2012.
«Ero sotto 8-11, ho recuperato, 11 pari, e all’ultimo secondo ho piazzato la stoccata vincente. Da quel momento Arianna ha iniziato a dire che russavo, che non voleva più spartire nulla con me. Sono diventata la nemica, quella che le aveva tolto l’oro, come se fosse stata l’amicizia a farla perdere e non la mia abilità nel fioretto. Da lì tutto si è interrotto».
Ed aggiunge:
«Finalmente ho capito: vita e sport non possono stare insieme. Lasciamo stare la retorica delle compagne che sono contente se vince l’altra. Ci vuole la giusta distanza. Non puoi sconfiggere l’atleta e poi andare a cena allegramente con la persona. È innaturale. E più fai finta di niente, più non affronti l’argomento, più il solco si allarga. Chi ha perso si sente derubata, chi ha vinto si sente in colpa. Così non c’è pace per nessuno. La competizione è onesta, ma è brutale».