«Sbagliate le zone gialle. Danno alla popolazione l’ennesima falsa impressione che tutto stia finendo» 

L'epidemiologo Cislaghi al Corriere: «A me quegli sciami di persone all’aria aperta mettono timore. L’andamento dell’epidemia sembra contenuto ma si manifestano i primi segnali di una nuova crescita di contagi».

sbagliate le zone gialle

Milano, Fase 2 coronavirus, verso la normalita, prove di movida sul Naviglio Grande, gente sul naviglio (Maurizio Maule/Fotogramma, Milano - 2020-05-07) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate

Sul Corriere della Sera, un’intervista all’epidemiologo Cesare Cislaghi, dell’Associazione italiana di epidemiologia, Aie. Si dichiara contrario alle zone gialle, da oggi in vigore in tutta Italia.

«Per noi è rischioso aver ripristinato tante zone gialle. La percezione dei cittadini è che la paura sia passata. A me quegli sciami di persone all’aria aperta mettono timore».

Spiega perché.

«I dati pubblicati giornalmente sul sito della Protezione civile sembrano disegnare un altro quadro. È troppo presto per togliere alle regioni il rosso e l’arancione. Questo dal punto di vista epidemiologico. Comprendo che dopo tanti mesi di chiusure bisognava dare un segnale politico di ottimismo, ma allora perché non accompagnare questo ritorno alla presunta normalità, che poi non è affatto tale, con una campagna di sensibilizzazione martellante?».

Bisognerebbe spiegare che è fondamentale, in questo momento, mantenere le misure di protezione individuali se non si vuole correre il rischio di tornare indietro.

Cislaghi si dice preoccupato soprattutto dei parametri presi in considerazione dal governo. Il ministero prende in considerazione l’indice Rt, ma se invece prendesse in considerazione l’indice Rdt, utilizzato in Germania, ovvero il numero di riproduzione calcolato sui nuovi positivi,

«avremmo potuto verificare che nello stesso giorno in cui è stato firmato il decreto, il valore è tornato sopra l’unità dopo 13 giorni in cui si era mantenuto costantemente al di sotto. Sia l’incidenza media giornaliera  dell’ultima settimana, 24-30 gennaio, sia il rapporto tra questa e l’incidenza della settimana precedente, appunto l’Rdt, non sembrano concordare con le decisioni prese. Tredici regioni hanno questo indice di replicazione superiore ad uno e quasi tutte le rimanenti, tranne Valle d’Aosta e Sicilia, lo hanno comunque in crescita».

Collocare l’Italia in giallo, dice

«in questo momento in cui l’andamento dell’epidemia sembra contenuto ma, contemporaneamente, si manifestano i primi segnali di una nuova crescita di contagi, preoccupa una scelta che potrebbe dare alla popolazione l’ennesima, falsa impressione che tutto stia finendo».

 

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