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Atalanta-Napoli 3-1. Fate presto

La squadra di Gattuso umiliata nel primo tempo da una mediocre Atalanta. Accenno di reazione nella ripresa. De Laurentiis decida cosa fare

Atalanta-Napoli 3-1. Fate presto

Atalanta-Napoli 3-1. Atalanta in finale di Coppa Italia.

“Fate presto”. È il titolo simbolo del Mattino del Napoli. Fu partorito da Roberto Ciuni e Pietro Gargano, in un articolo a firma Carlo Franco. È come paragonare Careca Maradona Bagni e Ottavio Bianchi al Napoli di oggi allenatore compreso. Napoli, quarantuno anni fa, era un’altra città. Il principale quotidiano aveva giornalisti di spessore, di caratura nazionale. Il Mattino era una testata nazionale non provinciale.

Ci limitiamo a dire che soltanto il giornalismo – in Italia, non solo a Napoli – poteva esporsi nella difesa di Rino Gattuso. Che sarà una brava persona – non più di Mazzarri Sarri Ancelotti, ovviamente – ma che è un modesto allenatore.

“Fate presto” è il titolo che quel gigantesco Mattino – potremmo anche definirlo semplicemente professionale – concepì per il dramma del terremoto del 1980 e per il ritardo negli aiuti. Noi lo chiamiamo capziosamente in causa per richiamare la famiglia De Laurentiis a un soccorso più che mai urgente. Anche se in questo caso, per fortuna, non ci sono vite da salvare. Ma soltanto la faccia di una società e una squadra che non erano mai state così platealmente inadeguate a una seppur modesta platea di semifinale di Coppa Italia.

Il Napoli stasera si è schiantato contro la parvenza dell’Atalanta. Soprattutto nel primo tempo. Alla squadra di Gasperini – che è lontana anni luce dalla forma migliore – è bastato premere appena appena sull’acceleratore per mettere a segno due gol in sei minuti: dal decimo al sedicesimo. Uno con Zapata da fuori area. E l’altro con Pessina servito proprio da Zapata. Colombiano che venne deriso dal notoriamente competente pubblico di Napoli quando Benitez lo fece acquistare battendo la concorrenza del Sassuolo.

Proprio lui Benitez che adesso sembra l’unico uomo individuato da De Laurentiis per sostituire in corsa Rino Gattuso. Verrebbe da dire: “De Laurentiis, agisci con molta prisa” ricordando il motto di Rafa “sin prisa pero sin pausa”. Ossia senza fretta ma senza pause.

Nella ripresa, dopo l’ingresso in campo di Mario Rui al posto di Hysaj e Politano al posto di Elmas, almeno il Napoli si è visto in campo. Il minimo sindacale. Anche se non con tutti e gli undici calciatori. Come al solito ha dato battaglia Lozano che ha realizzato la rete del momentaneo 2-1. Di caparbietà. Non osiamo immaginare cosa sarebbe stato quest’anno il Napoli senza il messicano. Sul 2-1, Gattuso ha provveduto ad altre due sostituzioni: fuori Bakayoko e Zielinski, dentro Lobotka e Demme. Ma poi, dopo un’occasione facile facile fallita da Osimhen, è arrivato la terza rete di Pessina.

Non possiamo fare un’analisi tecnica o tattica della partita di questa sera. Gattuso, anche giustamente, se l’è giocata buttando nella mischia dal primo minuto Osimhen palesemente fuori forma. Ma comprendiamo il tecnico calabrese: non ci si gioca il proprio futuro affidandosi a Petagna. La partita non c’è stata. È bastato il 20% dell’Atalanta per battere il Napoli. A tratti persino umiliare. Perché nel primo tempo è stata un’umiliazione. Gattuso ha i suoi alibi: le assenze di Manolas, Koulibaly, Mertens, lo stato precario di Osimhen. Poi, il secondo tempo servito a salvare almeno in parte la faccia. L’impegno dei calciatori – che è il minimo sindacale visto che sono lautamente pagati – è servito solo a evidenziare la povertà tattica del Napoli.

Adesso De Laurentiis deve decidere. Continuare a vivere immerso nella mediocrità di Gattuso e Giuntoli, oppure strambare e provare a salvare la stagione. Oltre a immaginare un abbozzo di futuro. A Bari ha strambato, a Napoli non sappiamo. Noi siamo soltanto rassegnati spettatori di un Napoli cui De Laurentiis ha sottratto il futuro: a furor di popolo lo ha sottratto ad Ancelotti e affidato a Gattuso e Giuntoli. Sta a lui stabilire se vorrà continuare così. Il Napoli è suo. I soldi investiti sono i suoi. È sacrosanto che sia lui a decidere.

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