ilNapolista

La teoria del veleno non regge più

La verità è che l’ampia rosa del Napoli è un gruppo raccogliticcio di buoni giocatori che sanno giocare solo secondo schemi già acquisiti

La teoria del veleno non regge più

Una pena. Vedere il Napoli che si arrende, che ha paura di sbagliare, che si vergogna di se stesso, come accaduto a Verona e in altri sconsolanti episodi, è la negazione della bellezza del gioco, frequentata da sempre in casa Napoli, dai tempi di Vinicio ‘o lione e del suo gioco totale all’olandese.

Il “sudore” della città

La bellezza dell’azione, il centravanti, il portiere, la mezzala sono da sempre per il Napoli simboli e carattere identitario, istintivo, a sua volta nutrito dagli umori della città e forte di una drammaturgia che dal Maradona stadium sconfina nella metropoli napoletana, alimentandola ed essendone a sua volta nutrita.
Altrimenti, come si spiega il legame “sudato” e carnale tra squadra e città che, anche senza vincere (purtroppo), a parte i novantuno punti dello scudetto scippato di sarriana memoria, può non solo accontentarsi, ma entusiasmarsi per una squadra che fa’ gli straordinari per dare spettacolo oltre che per i risultati (mancati).

Il modulo si fa con i giocatori

Il sarrismo entra in ogni discorso di questo tipo. E, per chi fa troppo affidamento sui moduli e li mitizza come fossero il Santo Graal che porta alla vittoria, quello di Sarri è stato un arido miracolo di coerenza. Questi i giocatori, questo lo schema di gioco. Sbaglia chi pensa che Sarri è un “fissato”. Stesso modulo, stessi giocatori (gli inamovibili titolarissimi). In Inghilterra farà, infatti, tutt’altro percorso. Nessun risultato da bacheca (tranne una Coppa Italia e una Supercoppa), ma nemmeno il grigiore del centro classifica. A volere esagerare, è la sfida ai “poteri forti” del calcio, a livello di singole e spettacolari prestazioni. Una soddisfazione -così vissuta- per tifosi “digiunatori” da sempre di titoli, a parte il ciclo Maradona. Per questo, fece impressione il popolo scudettato del genio del pallone eguagliato, dopo un decennio, dagli ottantamila del popolo di Hamsik. Anche per serie B o serie C ‘tickets sold out’.

La sfigata teoria del bello o vincente

Si conferma che la Bellezza è contagiosa e Sarri la spiega più o meno così: più una squadra è debole e soccombente, più ha bisogno di un gioco cui aggrapparsi; la squadra forte, invece, può avvalersi anche delle giocate dei singoli per fare risultato. Siamo, per l’epoca, al classico e datato dualismo Sarri vs Allegri. Al Napoli la popolarità, alla Juve la vittoria.

La “gioiosa macchina da guerra”

Il sarrismo nel Napoli del decennio ha lasciato il segno, con tanti saluti per strade personali più danarose. Smontare, mutuando dalla politica, una ‘gioiosa macchina da guerra’ è impresa titanica. Resistenze, dinamiche di spogliatoio, contratti da rinnovare o da respingere, acquisti sbagliati o incorenti e perché no, anche gratitudine in qualche caso.

I risultati gattusiani sono generosi e incomprensibili. La sua teoria del veleno, quello da immettere nelle giocate one-to-one, non regge. Quattro, cinque, sei a zero, a volte. Più spesso, scoraggianti errori e sconfitte. Si va verso l’esonero? E’ il solito rimedio. Si vedrà dalle prossime esibizioni. Sulla carta più agevoli o, per dirlo in gergo gattusiano, più velenose. Intanto, si è aperta la giostra dei contatti. Nel mirino, si dice, l’intera gestione tecnica.

Alla ricerca dei risultati perduti

E allora, cos’è che non ha funzionato? La stricnina sotto porta? Il virus non colorato? Tanta “roba” senza costrutto? Un badante per ragazzi milionari?

C’azzecca qualcosa l’allenatore? Come sempre, i rimedi, sono peggio del male non capito. Gattuso, intanto, paga il fatto che non è riuscito a gestire spogliatoio e schemi di gioco (liquefatti sul campo), ha sbagliato i cambi in quantità industriale (usando addirittura gli infortunati Mertens e Osimhen), ha snaturato un pezzo forte della squadra (Ruiz da mezzala di inventiva a mediano di fatica),ha ammesso, con la retorica del veleno, che i suoi giocatori sono fragili e impauriti.

La rosa sfiorita

La verità è che l’ampia rosa del Napoli, completata dalla campagna acquisti di gennaio a firma di Giuntoli, è un gruppo raccogliticcio di buoni giocatori che sanno giocare solo secondo schemi acquisiti in carriera. Sicchè nel piatto della partita ci sta un po’ di sarrismo, un po’ di ancelottismo, la gestione del pallone e il passing game, il dribbling e l’azione in verticale. Un involontario e maldestro calcio “liquido”, insomma. O meglio, una Ratatouille di verdure come illustrata nello splendido film d’animazione della Pixar – Disney, che, nel nostro caso, si presenta come una minestra confusa più che stufata.

ilnapolista © riproduzione riservata