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Il figlio di Paolo Villaggio: «Ho odiato San Patrignano ma mio figlio tossico lo porterei da Muccioli»

A Repubblica: «Netflix mi ha contattato, ho chiesto cosa volessero fare e sono spariti. La docu-serie è cupa. SanPa era pure sorrisi, sole, fiori. Muccioli ha commesso errori anche gravi, ma aveva ragione»

Il figlio di Paolo Villaggio: «Ho odiato San Patrignano ma mio figlio tossico lo porterei da Muccioli»

Il docu-di Netflix dedicata a San Patrignano, “SanPa”, ha scatenato le polemiche. Ieri La Verità ha contestato che l’immagine che ne viene fuori sia quella di un lager affermando che si tratta di “un regalo ai detrattori di Muccioli”. Oggi a Repubblica ne parla il figlio di Paolo Villaggio, Piero. Ex tossicodipendente, a San Patrignano ha vissuto, cercando di uscire dal vortice dell’eroina. La serie, dice, si sofferma più sui caratteri cupi della comunità, che, però, non era soltanto questo.

«San Patrignano era pure sorrisi, giornate di sole. Fiori».

Piero Villaggio è stato portato a San Patrignano a 22 anni. Si faceva di eroina da sette e i genitori non sapevano più cosa provare per farlo disintossicare.

«Era l’84. Io, un tossico. Mi hanno messo davanti a quel gigante col vocione e per stanchezza gli ho detto: facciamo come dici tu. In realtà pensavo che sarei scappato, per andare a drogarmi. È finita che sono rimasto fino all’87».

E’ difficile, dice, spiegare cos’era San Patrignano a chi non l’ha vissuto.

«La ragione non sta solo da una parte: può essere bianca, nera o grigia, dipende dalla prospettiva. Glielo avevo detto, a quelli di Netflix. Mi avevano contattato, perché raccontassi tutto: va bene, ma prima spiegatemi esattamente cosa ne volete fare. Non li ho più sentiti».

Infatti il suo nome compare alla fine dell’opera tra quelli che sono stati contattati e non hanno partecipato.

Racconta la sua esperienza.

«Volete sapere se ci sono state violenze, ingiustizie, bugie, dolore? Sì, molte. Ma non solo. Un tossico, se ha la roba, è tranquillo: però quando gli manca, non c’è più niente di normale. E tu, dalla tua prospettiva, non puoi raccontare, giudicare, spiegare. Non puoi, se non l’hai vissuto. San Patrignano era un mondo a parte: con gente piena di problemi, grossi problemi. E un uomo che quella gente voleva solo salvarla. A qualunque costo».

Su Vincenzo Muccioli:

«Un bestione di un metro e 90 per un quintale, un leone: faceva paura. Tirava certi schiaffoni. Ma aveva anche un carisma, una sensibilità, un’empatia incredibili: gli passavi accanto, e lui aveva già capito cosa ti girava nella testa. Quando sono entrato c’erano 180 ospiti, 3 anni dopo eravamo 600: gestiva tutto da solo. Ha commesso tanti errori, spesso ha esagerato: ma aveva ragione, credetemi».

Piero ha preso anche degli schiaffi. E non nega che ci fossero degli atteggiamenti di violenza, nella comunità, ma giustificati dalle persone con cui Muccioli aveva a che fare. Persone incatenate?

«Se le avessi viste, non ve lo direi. Ma posso dirvi che molti di quelli che sono scappati, poi sono morti. Vincenzo voleva solo evitare che si uccidessero».

Sulle denunce mosse a Muccioli, che per questo finì anche in carcere:

«Lo avevano accusato delle persone che volevano andarsene da San Patrignano, e non essere più riprese. Spesso qualcuno cercava dei pretesti per destabilizzare la situazione, e trovare così un motivo valido per fuggire. E tornare a drogarsi. Ci sono invece state cose orribili, imperdonabili: come la morte di Maranzano, pestato a morte nella macelleria chissà da chi. Qualcuno avrebbe dovuto avere il coraggio di ammettere che succedevano anche cose brutte».

Villaggio racconta di aver odiato Muccioli «tante volte», ma, aggiunge,

«spesso la mia prospettiva era quella di un tossico. L’ho odiato e gli ho voluto bene, anche se quel giorno dell’87 sono andato da lui e gli ho detto che non mi piacevano troppe situazioni. San Patrignano era un microcosmo: con le sue invidie, gelosie, miserie. “Se dopo 3 anni non hai capito e te ne vuoi andare, vattene”: così mi ha detto. Il giorno dopo ho preso la valigia, lui ha rifiutato di salutarmi. Però quando sono entrato lì ero all’inferno, e Vincenzo mi ha reso un uomo libero».

Oggi non esiterebbe ad affidare a Muccioli suo figlio, se avesse problemi di eroina.

«Sì, non ho dubbi: lo avrei portato in quella comunità. Perché lui avrebbe fatto di tutto, per salvarlo».

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