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Valdano: “Dopo il gol di Maradona all’Inghilterra volevo smettere, il calcio aveva già detto tutto”

Su El Pais il racconto del “gol più bello della storia del calcio” vissuto dal campo. “Quel giorno in Messico un uomo è diventato un dio di proporzioni umane, e io ero lì. Come un apostolo”

Valdano: “Dopo il gol di Maradona all’Inghilterra volevo smettere, il calcio aveva già detto tutto”

C’è stato un giorno, in Messico, in cui un uomo è diventato un dio di proporzioni umane, e io ero lì. Come un apostolo. Giorni dopo, i giocatori dell’Argentina tornarono a Buenos Aires, da campioni del mondo, ma come cittadini. Diego lo fece su un cavallo bianco, come il generale San Martín, il nostro liberatore”.

A Giugno su El Pais Jorge Valdano ha scritto una delle pagine più belle del racconto dello sport, in ricordo di Argentina-Inghilterra, di quei due gol di Maradona, di quel calcio che non c’è più. Lui era in campo, era in mezzo all’area quando Diego saltò mezza Inghilterra, sperando che non glielo desse, quel pallone, “per non rovinarlo”.

Il racconto di Valdano è un reportage emozionale, soprattutto riletto oggi.

“Posso assicurare che Diego era in uno stato di grazia, quel giorno. Le sue gambe brillavano come se fossero state verniciate di nuovo per l’occasione. La sua figura ingrandiva con il passare dei minuti, come accade ai grandi artisti quando entrano in trance sul palco. Gli occhi gli si forarono, la palla obbedì, l’arbitro allucinò… Diego quel giorno aveva già lasciato sul campo una delle nostre ossessioni: la malizia. Mancava ancora il virtuosismo”.

“Anche i più grandi talenti hanno un limite e Diego lo stava spingendo sempre più avanti”. “Come quei fuochi d’artificio che aumentano la loro spettacolarità e uno dice continuamente: “Questo è l’ultimo”. Ma no, c’è ancora il fuoco totale, di tutti i colori. Diego ha mantenuto il prodigio finale, un gol che ha trasformato tutto quanto sopra in schizzi dell’opera d’arte definitiva“.

“Ha iniziato l’azione al centro del campo senza farlo sembrare il progetto di un gol. Non lo era. Ma non si è fermato fino a quando non è entrato in porta, in una carriera atleticamente mediocre e calcistica meravigliosa. Qui una curva, lì un’accelerazione seguita da una frenata, oltre la truffa di una minaccia… La palla seguì docilmente tutte i movimenti del prestigiatore. Le idee, scartate e usate, stavano accadendo a un ritmo vertiginoso, ma il cervello di Diego non permetteva loro di accumularsi e manteneva solo il meglio”.

“Quando è entrato in area ha iniziato a sentire l’odore del pericolo e l’eccitazione lo ha dotato di una saggezza che ha riunito la spontaneità coltivata da quando era un bambino a Villa Fiorito, migliaia di ore di allenamento, i lampi a zig-zag tipici del genio e l’ambizione di una bestia competitiva. Stava masticando il più grande gol nella storia del calcio. Osvaldo Soriano, scrittore e tifoso del calcio, sicuramente pensava a Maradona quando parlava della “poesia del corpo”. C’era una musicalità in ogni movimento, un atteggiamento provocatorio in ogni passo e un “ancora più difficile” in ogni tocco”.

“Era impossibile prevenirlo. Quando un uomo sta facendo la storia, niente e nessuno può interferire. Tutto è allineato. Persino gli inglesi, feroci nemici, andarono a cercarlo al momento giusto per non trovarlo al momento giusto. Di quante coincidenze ha bisogno un fatto mitologico!”.

Valdano racconta il gol più bello del mondo dal punto d’osservazione più privilegiato del mondo: era lì, a pochi metri, in campo.

“Lo accompagnavo all’altezza del secondo palo, mezzo spaventato mentre mi dicevo “ora me la dà”, e sollevato quando vedevo che “no, ora non può”. E così, a colpi di “ora me la dà, ora non può”, restai ipnotizzato fino a quando mi svegliò un urlo fragoroso”.

“Fu allora che vidi che una fila di giocatori inglesi era rimasta sulla strada, perplessa, che cominciavano a chiedersi: “Che altro avrei potuto fare?”. Non hanno mai trovato una risposta. Se un giorno questo articolo dovesse arrivare nelle mani di qualcuno di loro, restituirà loro la memoria e il rimprovero. Niente più sofferenza, ragazzi, quel pomeriggio non c’era niente da fare”.

“Quanto a me, nel momento in cui ho visto la palla entrare, sono andato a raccoglierla all’interno della porta e l’ho trovata arresa, come morta. Un uccello con la testa pendente. Il gol mi aveva causato qualcosa di simile, ma viceversa, come se un’abbuffata di calcio mi avesse saziato. Io e la palla credevamo che non valesse la pena di continuare a giocare, dopo quello che era successo. Qual era il punto? Il calcio aveva appena detto tutto“.

“Lo adoravamo e lo invidiavamo in misura simile, perché aveva appena fatto ciò che, addormentati o svegli, tutti avevamo sognato”.

“Quella partita ha combinato la magia di Maradona e il potere del calcio. Associazione già invincibile, perché da quel momento Maradona e il calcio sono sinonimi“.

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