Il Corrmezz descrive i metodi per aggirare un provvedimento stupido. Si paga, poi si esce dal bar e si aspetta fuori a un negozio dove viene consegnato il monouso

L’ordinanza che a Napoli vieta di prendere il caffè al bar dopo le 11, entra di diritto nel guinness della stupidità. Oggi giustamente ci scherza su Antonio Fiore che sul Corriere del Mezzogiorno racconta gli stratagemmi utilizzati per aggirare un provvedimento ottuso.
«Scusi, vorrei una bottiglietta d’acqua… (occhiolino al barista) corretta, però… », farfuglia dietro la mascherina il cliente in astinenza. Il titolare, ammiccando a sua volta al di là del triste tavolino che impedisce l’accesso tra un dispenser di igienizzante e un termoscanner: «Solo un attimo e sono da lei…» (e indica con il muto sguardo da pusher e il mento proteso in avanti il belvedere in fondo alla strada, la panchina nello spiazzo poco lontano o la fontana all’angolo). Paga, si allontana, e pochi minuti dopo il cliente, in ansiosa attesa sul luogo convenuto, riceve la visita del garzone del bar (rigorosamente in abiti civili per non attirare l’attenzione di eventuali pattuglie in perlustrazione a caccia di drogati di Arabica) che lestamente deposita nelle sue vicinanze il fumante bicchierino monouso (no tazzina, si potrebbe risalire allo spacciatore) contenente l’agognata bevanda, su cui si avventa con il cuore in tumulto
Sembra di essere tornati all’epoca del proibizionismo americano in cui ci si nascondeva per consumare qualcosa di illegale e pericoloso, ma è impossibile che i napoletani riescano a rinunciare ad una tazza di caffè con facilità