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Hamilton: «Mi dicevano che nessun nero aveva mai vinto. In me i ragazzi possono trovare il coraggio» 

Alla Gazzetta: “Ci sono molti problemi nel mondo, posso portare consapevolezza e cambiamento. Il mio sogno è far parte della soluzione e non del problema. Perché per gran parte della mia vita sono stato parte del problema”

Hamilton: «Mi dicevano che nessun nero aveva mai vinto. In me i ragazzi possono trovare il coraggio» 

La Gazzetta dello Sport ospita una lunga intervista a Lewis Hamilton. Ha appena vinto il suo settimo Mondiale, di cui sei con la Mercedes. Tra le tante cose racconta quali sono stati i suoi idoli e ispiratori

«In tanti, atleti e non. Muhammad Ali è il mio preferito per il carisma, lo stile, la tecnica che usava, resto affascinato da ciò che ha fatto e colpito dai suoi valori. Altri nello sport, come Serena Williams. E poi Nelson Mandela, certo. Crescendo sono stato in grado di capire perché queste persone sono un’ispirazione per me: non solo perché sono dei grandi della storia ma perché sono del mio stesso colore. Li vedo e penso: “Hanno fatto qualcosa di grosso, posso riuscirci anch’io”. La rappresentazione è molto importante: alcuni sognano in grande anche senza avere esempi davanti, ma spesso è importante osservare chi ha compiuto certe imprese. Quando sei giovane tanta gente ti spiega che ci sono cose che non puoi fare, anche i genitori: “Nessuno in famiglia, delle nostre origini, c’è mai riuscito prima”. Ecco perché le persone di cui ho parlato mi piacciono e sono state fondamentali».

Sulla sua lotta al razzismo, in cui ha coinvolto gran parte della Formula1:

«Tanto per cominciare, non ho ancora trascinato l’intera F.1 con me: sto sempre cercando di coinvolgere più persone, restano tanti quelli rimasti in silenzio. Ci vorrà del tempo per cambiare le opinioni di tutti, ma io posso contare su questa piattaforma mondiale dove corro ogni settimana o due. Non credevo mi seguisse così tanta gente e ne sono grato, perché interagiscono con me e hanno un grosso impatto sulla mia vita quotidiana. Tutti abbiamo un ruolo importante, ognuno di noi ha una voce, dobbiamo parlare e fare di più. Ci sono molti problemi nel mondo, posso smuovere le cose, portare consapevolezza e spero anche un cambiamento. Questo è il mio sogno: far parte della soluzione e non del problema. Perché per gran parte della mia vita sono stato parte del problema. Non ero al corrente di tante cose, anche sul tema della diversità in generale. Insomma, non è facile tirar fuori questi temi e parlarne. Ecco perché cerco di essere molto aperto. Magari da qualche parte un ragazzino e una ragazzina stanno subendo una forma di discriminazione o sessismo e anche loro sanno di avere molto da dire: vedendo me possono trovare il coraggio per farlo».

Hamilton parla di cosa lo rende felice quando è al volante.

«Non sono mai stato un grande fan dei test, fatico a concentrarmi a lungo. Ma mi piace provare a inizio anno, quando c’è grande aspettativa sulla nuova monoposto. Misurare il lavoro fatto in fabbrica, dare un contributo per prendere la direzione giusta. Lì è dove la mia forza entra in gioco. Nei weekend di gara il bello invece è guardare i dettagli, sistemare l’assetto e condividere il successo con gli uomini del team. E comunque amo pilotare, entrare nell’abitacolo. Sarò triste quando smetterò, mi mancherà. Spero sia un momento lontano. Per fortuna continuo a migliorare e vincere. E nel frattempo cerco di restare felice».

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