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Napoli-Az Alkmaar ci dice che il calcio ha libertà di contagiare

Il calcio dà un pessimo esempio ai giovani. Il conflitto d’interesse degli opinionisti che accusano la scienza per tenere in piedi il circo

Napoli-Az Alkmaar ci dice che il calcio ha libertà di contagiare

Scrivo intorno alla partita del Napoli con l’Az Alkmaar simpatica squadra olandese. Premesso che sono, come ben noto, un inguaribile appassionato di calcio. Premesso che guarderò la partita tifando per il Napoli come faccio da oltre sessant’anni. Premesso che mi è chiaro che l’industria calcio è un colosso del sistema industriale italiano grazie alla quale vivono tantissime persone e non soltanto i calciatori e i tecnici. Premesso che rappresenta per molti uno svago utilissimo a combattere la depressione legata al drammatico momento che stiamo vivendo.

Non posso però nascondere il mio pensiero. La partita a mio avviso non andava giocata. Tenendo conto della situazione eccezionale di diffusione del contagio all’interno del club olandese. Grave quanto se non più di quella che ha colpito il Genoa. Qui non si tratta di una società con un paio di tesserati colpiti dal virus. Scegliendo di far disputare il match il pianeta calcio si è posto, ancora una volta in questa fase drammatica della pandemia, non soltanto al di fuori delle più elementari norme della prevenzione sanitaria. Ma anche del semplice buon senso. Dando la sensazione di considerare la tutela della salute dei calciatori, degli allenatori, degli accompagnatori, degli operatori alberghieri e quant’altro alla stregua di un tic del quale ci si può disinteressare. E dando ai cittadini, ad ai più giovani in particolare, un pessimo esempio.

Non siamo tutti uguali. Rispetto alle regole ed al diritto/dovere alla tutela. Lockdwon notturno, sospensione del calcio dilettantistico e degli sport di contatto, chiusura di scuole e università ….si va bè…ma il calcio è il calcio. E per il calcio valgono altre regole. Lo ripeto, anche al di là del semplice buonsenso. Questa volta sul banco degli imputati siede la UEFA  che non rinuncia ad un’ora dei diritti televisivi tenendo, tra l’altro,  in piedi anche le più inutili delle competizioni.

Devo anche osservare che l’argomento che ho trattato è una sorta di tabù. Si subisce la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado. Con conseguenze gravissime per i ragazzi costretti ad una clausura devastante. Privati del loro sociale, brodo di coltura da secoli nel quale cresce la loro capacità di intrecciare relazioni. Di sviluppare uno spirito critico. La classe fisica è il luogo dove per la prima volta un ragazzo intreccia rapporti e affronta controversie senza la mediazione diretta dei genitori. Dove si stringono le prime amicizie. Nascono i primi amori. Tacendo del danno che gli studenti ricevono in termini di mancata acquisizione delle conoscenze disciplinari. Eppure tutti comprendiamo le motivazioni che spingono le autorità locali e nazionali a tener chiuse le scuole ripristinando l’insegnamento a distanza con tutti i suoi limiti.

Invece guai a parlare di fermare una partita (dico una partita) di calcio professionistico. Ecco che insorge qualche opinion leader pallonaro. Magari insolentendo uno studioso che liberamente esprime la sua opinione. O addirittura sbeffeggiando l’intero mondo della scienza per aver osato dir la sua a proposito del tempio del calcio. Opinion leader la cui “opinion” è fin troppo chiaramente depotenziata dall’essere lui un portatore di interesse a tenere in piedi il circo del calcio, visto che di calcio vivono. Costoro quindi più degli altri farebbero bene a mantenere equilibrio durante le esternazioni televisive. E forse talvolta a tacere. Ma saper tacere, si sa, è ormai una virtù in via di estinzione.

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