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Vojak il bomber con il basco che lasciò la Juve per venire a segnare a Napoli

Segnò 102 gol in 190 partite. È tuttora il recordman del Napoli per i gol in Serie A (a girone unico). Con Sallustro e Mihalich, diede vita a un mitico tridente

Vojak il bomber con il basco che lasciò la Juve per venire a segnare a Napoli

Anton Vojak (a volte scritto Vojach) nasce a Pola nel 1904, quando la città istriana era parte dell’impero Austro-Ungarico. Il giovane Vojak, conosciuto con il nomignolo “Tonči” inizia a dare i primi calci al pallone nella sua città natale. È bravo, agile, promettente, ‘vede la porta come pochi’.

Sono anni duri, nel 1914 scoppia la guerra mondiale, nel 1918 dopo il trattato di Versailles, l’Austria-Ungheria si sgretola, l’Istria passa all’Italia e Vojak diventa italiano.

È un’epoca di grossi cambiamenti, la politica post-bellica ridisegna nazioni ed identità, ma il giovane “Tonči” continua ad inseguire la sua passione, è un bravo calciatore, e dopo qualche anno viene selezionato dal club professionistico locale: il Grion Pola. Inizialmente gioca come mezz’ala, ma è un giocatore duttile capace di ricoprire diversi ruoli, si registra una partita nella quale viene addirittura schierato in porta.

La sua bravura è sotto gli occhi di tutti e nel 1924, appena ventenne, viene tesserato dalla Lazio, la prima stagione è prolifica, 10 presenza ma condite da ben 7 gol. Il campionato italiano non è ancora strutturato in un girone unico, ci sono divisioni interregionali e regionali, con una finale che assegna il titolo.

Dopo appena un anno, il suo talento viene notato dagli emissari della Juventus. Si trasferisce a Torino nella stagione successiva ed è qui che a causa delle leggi fasciste anti-slave è costretto a cambiare il suo nome in Antonio Vogliani registrato ufficialmente all’anagrafe di Torino.

In bianconero gioca 4 stagioni, 104 presenze e 46 gol. Nel 1926, anno di fondazione del Calcio Napoli, vince lo scudetto a Torino. Nel 1929 fa le valigie per trasferirsi all’ombra del Vesuvio, un percorso che oggi definiremmo ‘inverso’ dato che la storia del calcio ha visto più campioni lasciare Napoli per Torino di quanti abbiano fatto il contrario.

Il Calcio Napoli è agli esordi, fondato appunto nell’Agosto del 1926 per iniziativa dell’industriale Ascarelli. Dopo i primi anni difficili, proprio nel 1929 c’è la svolta, Ascarelli chiama William Garbutt, ex-ala del Reading, Woolwich Arsenal e del Blackburn, approdato in Italia nel 1912 come allenatore del Genoa. Con il Grifone ha vinto 3 scudetti, e dopo una parentesi alla Roma, accetta di guidare i partenopei.

Nella stagione d’esordio di Vojak, il Napoli ha già il suo campione ‘fatto in casa’, si tratta dell’indimenticabile Attila Sallustro, oriundo Italo-paraguayano, nato ad Assucion ma di origini campane, ritornato con la famiglia a Napoli nel 1920, e parte integrante della rosa del Napoli fin dalla fondazione.

Il Napoli di Garbutt è a trazione offensiva, oltre a Sallustro e Vojak cè un altro talentuoso giocatore istriano, Marcello Mihalich, mezz’ala sinistra votata all’attacco. La prima stagione di Vojak al Napoli si conclude con un inaspettato quinto posto finale, e i tre giocatori segnano valanghe di gol: Sallustro 13, Mihalich 10 e Vojak 20.

L’anno successivo Vojak continua a segnare con continuità, ma il Napoli chiude sesto. Nelle successive stagioni, il Napoli centra un settimo e due terzi posti. Vojak dopo una stagione in chiaro-scuro, durante il campionato 1931-32 dove segna ‘appena’ 9 reti, va sempre in doppia cifra segnando oltre 20 reti a stagione tra il 1932 e il 1934. La stagione 1932-33 è fenomenale, Vojak segna 22 reti in 34 partite, record che rimarrà imbattuto per 78 anni, fino a quando il Matador Cavani non lo batterà nella stagione 2010-11. L’ultima stagione di Vojak a Napoli è sotto le aspettative ma comunque prolifica, segna 10 gol in 25 partite, saluta e si trasferisce al Genoa, squadra già gloriosa ma neo-promossa dopo la prima storica retrocessione nel campionato cadetto.

Difficile capire l’impatto del giocatore istriano nel calcio Napoli per gente che non lo abbia mai visto giocare. Si tratta di un giocatore fenomenale in un calcio epico di altri tempi. Era un goleador infallibile, lo dimostrano le 102 reti segnate in 190 partite. Per intenderci, Dries Mertens ha segnato 125 gol in 322 partite.  paragonabile al solo Cavani, autore di 104 gol in 138 partite disputate.

Oltre al record di marcature in campionato, superato dopo 78 anni da Cavani, come sopra menzionato, Vojak è tutt’ora detentore del record di gol in Serie A (a girone unico) con la maglia del Napoli, 102 appunto. Seguono Hamsik con 100 e Dries Mertens con 93. In assenza di immagini e radiocronache, questi dati ci fanno capire la qualità del giocatore, un top-player si direbbe oggi, che ha giocato in un calcio che non esiste più. Un calcio senza sostituzioni, senza sponsor commerciali, dove i giocatori non avevano procuratori e guadagnavano a volte poco più di lavoratori ‘normali’. Vojak era noto per giocare con il ‘basco’, impensabile ai giorni d’oggi; Sallustro durante i primi anni di carriera non percepiva stipendio in quanto veniva considerato ‘disdicevole’. 

Ma la storia di Vojak è anche la storia d’Italia, o di una certa Italia, nato nell’Istria intrisa di cultura mittel-europea, e costretto ad ‘italianizzarsi’ per via delle leggi anti-slave, un giocatore che ha vissuto lo splendore degli anni ’20 e ’30, ma che ha anche disputato gli ultimi campionati prima del secondo conflitto bellico (Vojak si ritira dal calcio giocato proprio nel ’39). Immediatamente dopo il suo ritiro, la Serie A subirà, come tutto il paese, gli effetti della guerra. Sotto i bombardamenti, in un Italia divisa, il campionato nazionale non fu disputato tra il 1943 e il 1945, anni in cui emersero vari campionati regionali.

Di Vojak restano alcune foto in bianco e nero, tanti record e qualche trafiletto nei quotidiani d’epoca. Ciononostante, restano ad imperitura memoria i suoi record, e un nome che riecheggia in tutti gli almanacchi.

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