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Paolo Simoncelli: «Marquez? Da padre non lo avrei fatto tornare a correre»

A Libero: «Il problema è che in tanti non pensano che c’è un dopo. Oggi mi capita di vedere piloti ed ex piloti in giro per il paddock tutti storti perché non hanno saputo capire che era il momento di fermarsi».

Paolo Simoncelli: «Marquez? Da padre non lo avrei fatto tornare a correre»
06 GP Mugello 30, 31, 1 y 2 de junio de 2019. Circuito de Mugello, ITALIA.Motogp, MGP, Mgp, MotoGP

Su Libero un’intervista a Paolo Simoncelli, papà di Marco, pilota motociclistico morto a 24 anni durante il Gran Premio della Malesia, sul circuito di Sepang. Parla della stagione di Moto Gp.

«Un po’ triste, si sente l’assenza della gente e quel contatto con i tifosi che a volte è perfino esagerato. Addirittura, mancano un po’ i rompiscatole in giro nel paddock: in fondo, anche loro sono una parte dello spettacolo…».

Anche i piloti avvertono la tristezza della situazione, dice.

«Secondo me sì. Correre per un pubblico che osserva e incita aumenta l’adrenalina, infatti il ritorno degli spettatori qui a Misano, per quanto solo 10mila, è importante. Certo, se pensiamo che si è proprio rischiato di non correre, allora va bene così. Bisogna fare i complimenti alla Dorna e a Carmelo Ezpeleta perché sono stati molto bravi nell’organizzazione e, soprattutto, hanno capito che c’era bisogno di supportare economicamente i team, o sarebbe stato un disastro».

Papà Simoncelli commenta anche l’incidente capitato a Marc Marquez e il fatto che subito dopo l’omero rotto il pilota abbia deciso di correre di nuovo.

«Ragionando da responsabile del team non lo so, capisco che quando c’è un Mondiale di mezzo si prova ogni strada, però sarebbe stata una decisione molto difficile, tuttavia non credo che sia stata la Honda a spingere. Da padre invece avrei detto no, col cavolo che lo facevo tornare quattro giorni dopo l’operazione. Ma avete visto le lastre dell’osso rotto? Pensate cosa vuol dire dover tenere fra le mani una Motogp da 250 cavalli in piena accelerazione col braccio ridotto in quel modo. Sa qual è il problema? Che in tanti non pensano che c’è un dopo. Abbiamo avuto dei geni come il dottor Costa che hanno permesso di correre a gente messa male, curandoli nel corpo e nella mente, però oggi mi capita di vedere piloti ed ex piloti in giro per il paddock tutti storti perché non hanno saputo capire che era il momento di fermarsi».

 

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