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Ora a Napoli Milik è il nuovo male assoluto

È assurda la narrazione del polacco come un ingrato e un Luther Blissett. È un signor centravanti che i gol li ha sempre fatti ma viene ricordato solo per quelli sbagliati

Ora a Napoli Milik è il nuovo male assoluto

I ben informati, quelli che erano con Gianfranco Fini a Gerusalemme, sostengono che quelle frasi l’allora leader di Alleanza Nazionale non le pronunciò mai. «Fascismo male assoluto», così all’uscita dallo Yad Vashem il museo di Gerusalemme sull’Olocausto. Per il corpaccione dei camerati già vedere Fini con la kippah in testa fu una fitta lancinante al cuore, quelle parole rappresentarono il colpo di grazia.

“Non sporcare mai una bella storia con la verità” e il flusso mediatico fece il suo corso. Così come la storia politica.

Oggi, a Napoli, il male assoluto ha un nome e un cognome: Arkadiusz Milik. Si è concentrato su di lui il flusso orwelliano di odio. Provi a parlare degli agghiaccianti fatti di Caivano e ti rispondono: eh ma quello che sta facendo Milik è inaccettabile. E il delitto di Colleferro? Sì per carità ma vuoi mettere Milik? È molto più grave.

Milik è il reietto. L’ingrato. “Il Napoli lo ha aspettato due stagioni per gli infortuni e lui adesso così ripaga il club”. Anche questa frase lascia un po’ interdetti. Un calciatore, come qualsiasi lavoratore, ha diritto allo stipendio anche in caso di infortuni, a maggior ragione quando sono avvenuti sul lavoro. Non è una concessione. Ronaldo, dopo due infortuni, lasciò l’Inter e andò al Real Madrid. Giusto per fare un esempio.

Il Napoli ha dato tanto a Milik ma – anche se oggi nessuno lo ricorda – pure Milik ha dato taanto al Napoli. Oggi è considerato uno scarsone, una sorta di Luther Blissett: è incredibile quanto possa essere iperbolico il giudizio dei tifosi che hanno quasi idolatrato Demme e adesso attendono Petagna come se fosse il nuovo Horst Hrubesh. Petagna è un buon attaccante ma facciamolo prima giocare.

Milik si porta dietro il timbro di due gol sbagliati: quello a Milano nell’anno dei 91 punti, nell’area piccola a tu per tu con Donnarumma; e quello a Liverpool (tutt’altro che semplice) all’ultimo minuto di fronte ad Alisson. Nessuno ricorda, però, che il Napoli tornò in corsa scudetto grazie anche a un suo gol. Perché dei due rifilati in rimonta al Chievo nei minuti finali, tutti menzionano quello di Diawara e nessuno quello di Milik pochi minuti prima: un perfetto colpo di testa sul secondo palo, su pennellata di Insigne.

Perché di reti Milik ne ha segnate. Non ne ha solo sbagliate. Dall’inizio folgorante – con tre doppiette praticamente consecutive a Milan, Dinamo Kiev e Bologna – a quella di Parma quando rientrò dopo l’infortunio. A tante altre. In tutto 48, in 122 partite. Non male. È uno degli attaccanti con il miglior rapporto tra gol segnati e minuti giocati. Il primo anno di Ancelotti ne ha segnati 17 in Serie A e 20 in totale. Con Ancelotti ha cominciato a fare gol anche su punizione. Bellissima una sua rete a Cagliari, con parabola sopra la barriera, all’ultimo minuto. Ha un signor sinistro, sa giocare con la squadra, si fa sentire in area. Sbaglia qualche gol, ultimamente soprattutto di testa (ricordiamo quelli in Champions col Genk e anche uno con l’Atalanta). Ma non è assolutamente il brocco che viene descritto.

Va anche aggiunto che, di fatto, ha sempre giocato in una situazione di precarietà. Non è mai stato il centravanti titolare del Napoli. Giustamente, il Napoli è una grande squadra e quindi ha avuto più centravanti: soprattutto Mertens e lui. Però anche i calciatori devono giocare con una certa sicurezza, Che lui non ha mai avuto. Non c’è stata sessione di calciomercato in cui non è più volte emerso che il Napoli fosse alla ricerca di un centravanti.

Si disse anche che Sarri non lo apprezzava per poi scoprire, invece, che lo avrebbe voluto nella sua Juventus. Per Ancelotti Milik è un ottimo centravanti. Lo ha spesso fatto giocare e lo scorso anno aveva ipotizzato un attacco con lui e Lozano. Poi, all’inizio della stagione, Milik si infortunò.

È assurda la narrazione che sta investendo il centravanti polacco e che lo sta trattando come se fosse un criminale. I contratti valgono per tutti: per le società ma anche per i calciatori. E ciascuno ha il diritto di chiederne il rispetto. Così come di non rinnovare. Certamente anche lui ha sbagliato atteggiamento in qualche occasione, in qualche partita in cui è parso svogliato.

Inoltre Milik ha 26 anni, la sua carriera è ancora da scrivere. Non sarà Dzeko ma è un centravanti che i suoi 15 gol in un campionato li segna. E potrebbe farne anche molti di più.

Dispiace per il modo in cui si è chiusa una storia che invece avrebbe meritato una fine diversa. Il Napoli ha avuto un signor centravanti, che probabilmente non ha sfruttato nel migliore dei modi.

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