ilNapolista

Oggi conta il nodo della cravatta di Pirlo: il triste perbenismo del giornalismo italiano

A Parma i mille avevano le sciarpe annodate come cravatte. Osimhen sa giocare, diciamocelo. E Giuseppe Marotta descrive Napoli com’era e com’è

Quelle poche centinaia di persone messe dentro lo stadio di Parma che ci facevano? Non c’entravano nulla, da qualche primo piano si capiva che non si sentivano a proprio agio. Pochi ma non troppo distanti tra di loro, metti mai che aumenti la malinconia. Gesti controllati, sciarpe annodate bene come se fossero cravatte. Tranquillità, contegno, in pochi non si sfugge al primo piano. Che senso ha? E che senso avrà tutto questo. O tutti, quando si potrà, o nessuno secondo me. Intanto i campionati ricominciano, anche su Dazn. Il motivo per cui Parma – Napoli si è giocata alle 12 e 30 è riconducibile alla diretta Dazn: cominciamo prima che magari finiamo alla stessa ora delle altre. Ma la partita del Napoli per la stampa ha un’importanza relativa, più di altre volte, oggi conta il nodo della cravatta di Pirlo, la barba perfettamente curata. Il fatto che la Juve abbia vinto non conta, conta invece la restaurazione dello stile. Cosa che magari a Pirlo non frega niente, ma ai giornalisti sì, a molti tifosi pure. Il debutto di Osimhen non conta nulla, vale un trafiletto qua, un commentino là, dell’ennesimo gol di Mertens a chi importa. Facile fare gol prova ad annodarti una cravatta. Il perbenismo e la puzza sotto il naso di alcuni giornalisti italiani mette una tristezza assoluta. Riparte il campionato ma io no, almeno non così.

Il campionato che riparte secondo me è quello di un Napoli da provare a scoprire. Mi piacerebbe una squadra (e forse questo è l’anno giusto per provarci) che giochi a calcio bene ma senza troppa rigidità, forse è vero che quei tempi sono passati. Il Napoli ha al momento la rosa, la possibilità e la dimensione (avrete notato che non siamo favoriti in niente) per provare a fare qualcosa di diverso, anzi più cose diverse, mi piacerebbe.

Quando è cominciata la partita ero al supermercato, dove, tra l’altro, il cellulare non prende, la condizione ideale per ricominciare con leggerezza l’ennesimo anno della partita non guardata, che poi con gli stadi vuoti, per forza di cose, mi somigliate tutti. Il primo tempo è passato mentre sceglievo prodotti, guardavo le scadenze degli yogurt, meglio questa marca che quest’altra, che pasta prendiamo? Conchiglie? E pigliamo le conchiglie. Sono arrivato a casa che stava iniziando il secondo tempo, poco male, nel primo non era capitato nulla, non che nel secondo tempo sia capitato granché, in ogni caso. Però è entrato il ragazzino nuovo, questo sa giocare, diciamocelo. Lo scambio con Insigne che ha portato al palo (quest’anno vediamo di non battere nessun record di legni) è rapidissimo e meraviglioso. Naturalmente Osimhen non è stato solo quel colpo di tacco, ha giocato una mezz’ora spettacolare e a quei 30 minuti ci aggrappiamo per sorridere almeno un pochino, per il resto si vedrà.

Nei giorni scorsi per Polidoro editore è uscita (finalmente) una nuova edizione di San Gennaro non dice mai no di Giuseppe Marotta, una cronaca profonda, divertente, straordinaria del ritorno a Napoli dello scrittore dopo vent’anni di vita milanese. Il libro è del 1947 perciò molte cose non esistono più, ma alcune sembrano rimanere intatte, suggestioni più che altro. A un certo punto Marotta scrive: “A Napoli sono così le cose: nessuno le fa o le suscita, e tuttavia esistono o si verificano egualmente; solo chi vuole, sempre vuole e fortissimamente vuole una cosa, a Napoli non l’avrà mai”. Interessante e tutto sommato vero. Come sono le cose del Napoli? Accadono senza che nessuno le susciti come un gol casuale? Oppure esistono nei gol scaturiti da azioni perfette che nessuno di noi aveva immaginato? Speriamo di non volere una cosa soltanto, ma più cose, speriamo di vedere belle partite, speriamo, sì. Questo fa il tifoso, spera, senza nemmeno sapere bene in cosa.

Dopo molti anni non c’è Callejón, gli auguro di trovare presto una squadra, deve stare su un terreno di gioco nel suo spazio naturale. Sono sincero, spero che non finisca in nessuna squadra italiana, faccende sentimentali, si capisce. Se dovesse accadere, però, non gli farò mai mancare il mio applauso. Invece c’è ancora Koulibaly, ciò che è una specie di sventura per il bilancio per me è gioia, a questo punto spero che resti. Su Milik non mi pronuncio, ho letto giudizi impietosi, come se fosse un brocco, certo non è Cavani, non è Higuain e non è nemmeno Lewandowski, ma resta un buon attaccante, gli auguro buona fortuna.

Sono felice che Bale sia tornato al Tottenham, lo seguirò. Boh, buon campionato, non vi incazzate troppo è solo pallone.

ilnapolista © riproduzione riservata