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Djokovic, ovvero vincere una partita di tennis nonostante tre errori dell’arbitro

L’assurdità di uno sport che non sfrutta appieno la tecnologia. A Roma l’arbitro ha rischiato di rovinare tutto, alimentando le teorie dei complottisti

Ci si lamenta molto del Var nel calcio, ma non c’è paragone con quel che accade nel tennis. Sport organizzato in maniera surreale. Nel tennis, ormai da anni, c’è il cosiddetto occhio di falco che oggi è un sistema infallibile. Sai sempre dov’è finita la palla: anche se ha toccato solo un lembo della riga. A ogni punto, quindi, la tecnologia è in grado di stabilire di chi è il punto. Eppure non viene utilizzata. In alcuni tornei, c’è il cosiddetto Var a chiamata. Tre chiamate per set. Da parte del giocatore che ritiene di aver subito un torto. Se però il giocatore non chiede l’ausilio tecnologico e l’arbitro ha commesso un errore, passa l’errore. Semplicemente assurdo.

Poi accade, come agli Internazionali di tennis di Roma, che la prova tv non ci sia proprio. E può succedere che l’arbitro sbagli tre volte di fila sempre a scapito dello stesso giocatore. Come accaduto oggi ai danni di Djokovic che ha dovuto incassare tre chiamate sbagliate. In una occasione, o forse due, l’arbitro è persino sceso a controllare il punto e ha indicato un segno che non c’era. E così, mentre i telespettatori – grazi all’ausilio dei replay Rolex – potevano verificare che Djokovic aveva ragione, l’incontro procedeva nonostante il torto arbitrale.

Djokovic ha avuto il grande merito di non perdere la calma. Non si è numero uno del mondo per caso. Nonostante la squalifica agli Us Open per la palla finita sul collo della giudice di linea. E nonostante una serie di polemiche politiche visto che lui vorrebbe dar vita a un’organizzazione alternativa all’Atp, un po’ come nel pugilato.

Nel tennis non solo non tutti i punti sono uguali. Non a caso Djokovic ha servito dodici ace, di cui ben quattro su palle break dell’avversario. Ma basta poco per smontare il sistema nervoso di un giocatore. Incassare un torto arbitrale non è semplice. Bisogna resettare, dimenticare, e ripartire. Figuriamoci incassarne tre. Perdipiù contro un avversario solido come il norvegese Ruud “giustiziere” di Berrettini nei quarti di finale. Djokovic ha retto e ha vinto in due set. Si è qualificato per la finale.

Resta un pessimo arbitraggio e per i complottisti resiste l’idea che l’Atp non sia più cosi serena nei confronti del numero del mondo.

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