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L’uomo entrato in punta di piedi in uno spogliatoio spaccato, ora siede al centro della rinascita

Il Napoli vince la sua sesta Coppa Italia battendo la Juventus in finale, dominando e convincendo e piangendo insieme al suo allenatore

L’uomo entrato in punta di piedi in uno spogliatoio spaccato, ora siede al centro della rinascita

Prologo

Le strade tacevano come a marzo, silenzio surreale scalfito solo da un lenta cronaca televisiva che balzava alle orecchie maldestramente cosi come la sciagurata idea del tappeto colorato dei tifosi virtuali. La Juve ha Sarri, ha Ronaldo – che non sbaglia mai due finali- ha la strada e la storia dalla sua ma la storia la scrive chi la vive non chi la pensa e noi l’abbiamo vissuta! Il primo trofeo dopo la pandemia, il tocco di indice sul bottone della ripartenza, quella popolare perché se non è popolare non è certificata alcuna rinascita.

Primo tempo

Josè impacciato dona a Dybala la palla per il tuppo fenomeno ma Alex, il nostro Alex, il predestinato respinge. Un tiki-taka sterile, un Napoli rintanato spalla a spalla pronto ad aggredire chiunque si fosse avvicinato troppo ma nessuno lo ha fatto, il protagonista è stato Buffon prima insieme al palo, poi su Demme poi ancora su Insigne. La Juve predica il Napoli racconta ed il secondo tempo è un rivolta proletaria senza precedenti.

Secondo tempo

Politano entra per Callejon e crea a sinistra uno scompiglio tale che prima Arek poi il capitano non sfruttano e l’ansia si unisce al rimpianto quando via via Gattuso leva dal campo ogni probabile rigorista. Sarri in confusione o forse in apnea o forse ancora a Sansovino toglie prima il miglior in campo Douglas Costa e poi Pjanic spostando Bernardeschi in varie posizioni come si manda il guaglione del bar a fare le consegne. E proprio lui regala un corner che appare come un colpo del destino. Nikola Maksimovic serbo duro dallo sguardo da infante appena sazio dopo la sua prima pappina la mette quasi all’angolino ma nonno Gigi è ancora reattivo e la respinge sui piedi di Elmas che abbatte il palo e erge in noi la sensazione che non è serata. In fondo è pur sempre il giorno diciassette del mese e da questi parti non è mai banale,, mai troppo indifferente.

Rigori.

Paulo Dybala incensato ad ogni tocco di palla dai commentatori Rai senza pudore, il pallone d’oro potenziale – da almeno cinque anni – guarda Meret che pensa alle panchine, che pensa alle polemiche, che pensa ad Ospina e ricorda che i piedi mo’ non servono e para, si che para senza nemmeno troppo sforzo il tenue farsetto del canto del cigno. Tocca al capitano, a Lorenzo nostro, al Dalì di Frattamaggiore che non trema e non cede lo sguardo, pietrifica Buffon. Danilo al fischio resta dei secondi fermi, imbambolato, Alex non aspetta altro e a tutti viene in mente Padoin ed infatti il brasiliano lancia la palla sopra la Sud. Politano ha il passo di chi non aspetta altro, il passo lesto e determinato. Guarda Gigi che quasi gliela prende ma ha esaurito la dose di prodezze e viene zittito con un indice al naso. E’ il turno di Bonucci che spacca traversa, palo e rete ma Maksimovic gli toglie pure l’ultimo barlume di speranza. Ronaldo già si avvia verso il tunnel, verso la sua seconda finale persa, verso il dischetto dell’anonimato, del non pervenuto, del non giudicabile. Non calcerà mai dalla linea della carità poiché Arek Milik spiazza la Juventus, la stampa, il mercato e ci consegna la Coppa Italia.

Epilogo

Il Napoli vince la sua sesta Coppa Italia battendo la Juventus in finale, dominando e convincendo e piangendo insieme al suo allenatore, l’uomo entrato in punta di piedi in uno spogliatoio spaccato e che ora si siede al centro della rinascita, una fenice azzurra il mito della resilienza!

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