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L’Inghilterra del rugby vuole abolire “Swing low, sweet chariot” l’inno che è il canto di uno schiavo

L’Equipe dedica due pagine alla polemica. La Federazione ha aperto una riflessione. Boris Johnson non è d’accordo. L’ex ct Uttley: «Si sta andando oltre la ragione»

L’Inghilterra del rugby vuole abolire “Swing low, sweet chariot” l’inno che è il canto di uno schiavo

La federazione del rugby inglese, RFU, potrebbe decidere di abolire l’inno della nazionale, la famosa canzone “Swing low, sweet chariot”, utilizzata per ogni partita dell’Inghilterra dal 1987. Ha dichiarato di avere aperto una riflessione sul punto. Nel Regno Unito il dibattito è vivo. È intervenuto anche il primo ministro Boris Johnson che ha fatto sapere di non aver gradito l’apertura della riflessione da parte della federazione. Oggi ne scrive L’Equipe.

La canzone è legata alla schiavitù nera, dunque tocca un tema molto sentito nei giorni della protesta del movimento Black Lives Matter.

La canzone fa riferimento a Wallace Willis uno schiavo nero che la scrisse a metà del 1800. Fu ispirato dal Red River che gli ricordava il fiume Giordano e il profeta Elia il quale venne rapito in cielo con “un carro (chariot) – di fuoco”. Alexander Reid sentì Willis cantare questa canzone e ne trascrisse testo e melodia. Successivamente inviò il brano ai Jubilee Singers della Fisk University presso Nashville. I Fisk Jubilee Singers resero popolare questa canzone con i loro tour negli Stati Uniti e in Europa.

Il 18 marzo 1988 un gruppo di studenti della Douai School stavano assistendo allo stadio di Twickenham a Inghilterra-Irlanda dell’allora Cinque Nazioni. L’Inghilterra arrivava da 15 sconfitte negli ultimi 23 match e aveva segnato una sola meta in due anni. Il primo tempo finì 0-3 per l’Irlanda. Era vicina una nuova sconfitta ma nella ripresa l’esordiente Chris Oti marcò tre mete per l’Inghilterra che vinse 35-3. La prima meta arrivò proprio quando il gruppo di studenti stava iniziando a intonare “Swing Low, Sweet Chariot”. Da allora, per scaramanzia, l’inno viene cantato a ogni partita.

La RFU vorrebbe innanzitutto far conoscere a tutti la sua storia, per metterne in evidenza l’importanza. L’amministratore della Federazione, Bill Sweeney, ha sottolineato:

“Abbiamo preso tutta una serie di iniziative a tutti i livelli per incoraggiare una maggiore partecipazione da parte di tutti gli appassionati di rugby, dobbiamo fare di più per avere una maggiore diversità in tutte le aree del gioco”.

Swing low, sweet chariot, è una canzone importantissima per gli inglesi. Nel 2012, prima di una sfida alla Nuova Zelanda, l’intero stadio la intonò durante la haka. Uno spettacolo meraviglioso.

L’Equipe intervista Roger Uttley, ex terza ed ex commissario tecnico della nazionale inglese di rugby.

Quando è stata lanciata, negli anni ’60, non c’era connotazione razzista o razziale. Swing Low, Sweet Chariot era solo una canzone che i giocatori di rugby cantavano nelle club house quando avevano bevuto qualche birra dopo la partita. Nessuno aveva mai pensato che potesse essere offensiva o umiliante per nessuno. Era una canzone che ci ha riuniti al bancone. Così l’abbiamo vista in quel momento. Era parte integrante della nostra terza metà e divenne parte integrante della nostra cultura del rugby”.

Il fatto che adesso si pensi di abolirla, dice,

“È un indicatore dell’era che stiamo attraversando e in cui viviamo. È difficile per me immaginare che le persone si sentano male se i tifosi di rugby cantano questa canzone per incoraggiare la nazionale. Il fatto che si pensi di vietarla per la sua connotazione razziale, è per me andare oltre la ragione“.

 

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