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Il 3 giugno è il No Dad Day. Scatta lo sciopero della didattica a distanza

Il Comitato Priorità alla Scuola spiega il senso dell’iniziativa: “È ora di fare un gesto simbolico per smetterla di fingere che questo anno scolastico sia stato svolto e abbia un valore. Non siamo disposti a continuare così”

Il 3 giugno è il No Dad Day. Scatta lo sciopero della didattica a distanza

Il 3 giugno è il No Dad Day, il giorno dello sciopero della didattica a distanza. Un’iniziativa lanciata dal Comitato Priorità alla Scuola su proposta di diversi gruppi di diverse città, scrive Repubblica. Un invito ad astenersi in maniera massiccia dalla teledidattica per la giornata di domani.

È ora di fare un gesto, sia pure simbolico, per smetterla di fingere che questo anno scolastico sia stato svolto e abbia un valore. È ora di dare un avvertimento per settembre: non siamo più disposti a continuare con la didattica a distanza“.

Una protesta nata sui social, attraverso pagine Facebook, passaparola e tante lettere-appello inviate alle classi dalle famiglie contrarie alle didattica a distanza.

Il Comitato spiega:

Con questa astensione ribadiamo quello che diciamo da aprile: a settembre le scuole vanno riaperte, tutte, di ogni ordine e grado, per tutti, senza riduzione di orario, senza turni, senza didattica mista, senza esternalizzazioni di metà del tempo-scuola. Non c’è più tempo: il governo deve reperire e mettere a disposizione tutte le risorse necessarie. Occorre investire in spazi adeguati e in misure di prevenzione, aumentare massicciamente il personale docente e ata. Non può scomparire dalle priorità di governo ogni riferimento al reperimento di risorse straordinarie, mentre si propone la riduzione del tempo scuola e si lascia via libera al fai-da-te delle singole istituzioni e all’arbitrarietà dei singoli dirigenti di decidere turnazioni/alternanze e utilizzo di didattica a distanza (già dalla scuola media!). E’ inammissibile che lo Stato destini decine di miliardi alle imprese private e riservi alla scuola pubblica solamente un miliardo e mezzo in due anni. Non accetteremo niente di tutto questo”.

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