Con la vittoria della Coppa Italia, Gattuso ha trasformato l’anno del Napoli. Ora le cose cambiano anche per lui: guiderà una squadra lontana dalla precarietà
La vittoria della Coppa Italia non ha segnato soltanto il discrimine tra una stagione mediocre rispetto alle prerogative di inizio anno e una che verrà catalogata come vincente. Questo successo ha conferito uno status diverso anche a tutti i protagonisti coinvolti. Multe, stipendi arretrati, giocatori dissidenti, l’allenatore inesperto che succede a uno dei più decorati della storia, la gestione della società: tutto ha goduto di una riqualificazione. A cominciare proprio da Gattuso che ha dovuto affrontare le difficoltà pregresse e quelle di adattamento che gli si sono manifestate nel primo mese sulla panchina del Napoli, e che ora invece si è guadagnato sul campo i gradi che gli spettano.
Aveva provato a rievocare il sarrismo, ha finito per avvicinarsi a Mazzarri e in sei mesi ha avuto il grande merito di saper vincere le partite importanti, caratteristica che aveva sempre contraddistinto Benitez. Finora è andata bene così. Ma aver conquistato un trofeo, battendo peraltro le prime tre squadre della Serie A, dà una scadenza allo stato di emergenza vissuto dal Napoli. Dalla prossima stagione, infatti, si discuterà di ambizioni, della fase successiva di un progetto tecnico che ha dimostrato di poter essere vincente. Gattuso, stavolta forte di una società stabile, potrà plasmare il suo gruppo e inevitabilmente riprendere quei concetti che inizialmente avrebbe voluto innestare nei giocatori attuali. L’obiettivo sarà un’evoluzione del gioco in trincea che ha ricompattato il Napoli. Un calcio che difensivamente è efficacissimo, ma che ridimensiona in qualche modo la qualità a disposizione del club.
Anche semplicemente essere la principale antagonista della Juventus degli ultimi anni rappresenta una certa responsabilità, oltre ad essere ragionevolmente il momento precedente alla possibile vittoria dello scudetto. Lo step successivo sarà dunque quello di tornare quantomeno ad essere lì a contendere il titolo in campionato, senza minimamente preoccuparsi della classifica e del piazzamento in Champions League. Le prestazioni offerte quest’anno tra le due gare col Liverpool e il Barcellona, attestano che la dimensione europea del Napoli risiede nella competizione maggiore. E che per questo motivo, se dovesse essere confermata a fine stagione la partecipazione all’Europa League, l’obiettivo sarà vincerla.
La Coppa Italia è stata il momento conclusivo perfetto di un ritorno all’armonia. Aurelio De Laurentiis ha rivisto la sua gestione. Ha accettato di rinnovare un calciatore in scadenza a cifre maggiori alle precedenti che aveva superato i trent’anni. Ha ovviamente deciso di confermare l’allenatore senza dar peso alla clausola che ne sanciva la permanenza automatica in caso di raggiungimento della qualificazione in Champions League. È sceso in campo per accettare i compromessi economici nei confronti della squadra, strascichi di un anno troppo turbolento tra gli attriti interni e l’epidemia che ha sconvolto il mondo.
Insomma grazie a Gattuso il Napoli è ufficialmente risalito a galla e potrà regalarsi un finale di stagione soltanto per sognare. La partecipazione sicura all’Europa League rende inutile guardarsi alle spalle in classifica. La rincorsa al quarto posto avverrà nel modo più leggero possibile, così come la sfida di ritorno al Barcellona. Comunque vada, quest’annata resterà storica perché vincente. Ma fra tre mesi cambieranno gli scenari e il dovere di tutti – tecnico in testa – sarà quello di farsi trovare pronti, per tornare ad essere almeno quelli di prima.
Sarà una sfida nuova per Gattuso che per la prima volta nella sua carriera affronterà una stagione lontano dalla logica dell’emergenza e della precarietà. Un merito che si è guadagnato sul campo. I ricordi di Palermo, Ofi Creta e Pisa sono alle spalle, così come la gestione del Milan in un periodo di burrasca societaria. Anche al Napoli, grazie a lui, è tornato il sereno. Per lui sarà una nuova esperienza: lavorare in una squadra dei quartieri alti, lontano dalla precarietà.