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Brancazio, addio al fisico che sfatò la leggenda di Michael Jordan più forte della gravità

L’obituary del Nyt. Il tempo di sospensione della leggenda dei Bulls. Dimostrò che nel baseball non esiste nessun Fastball a salire. Sbugiardò il computer della CBS

Brancazio, addio al fisico che sfatò la leggenda di Michael Jordan più forte della gravità

È morto a 81 anni Peter J. Brancazio. È morto per complicanze da coronavirus. I giornali sportivi dovrebbero dedicargli almeno una pagina, se non di più. Le tv almeno un servizio. Il Nyt lo ha fatto.

Brancazio è considerato uno dei ragazzi di Via Panisperna dello sport. Ha anticipato l’uso delle statistiche che adesso sono pane quotidiano con la tecnologia più avveniristica. Ma allora, negli anni Ottanta, non era affatto consueto parlare dell’angolo di lancio o della velocità di rotazione di una palla (la misurazione in giri al minuto) che adesso sono nel linguaggio comune del baseball.

Con il supporto della scienza, il professor Brancazio ha sfatato due miti: uno nel baseball, l’altro nel basket.

Brancazio sfatò la leggenda del Fastball a salire un tiro che, a causa del top-spin, dava l’effetto di continuare a salire in barba alla forza della gravità. Ebbe l’ardire di pronunciare che si trattava di un’illusione ottica, che nonostante tutto la forza di gravità era più potente dei tiri di Nolan Ryan. Lo disse alla Kansas City Star nel 1987. «La gravità fa cadere tutto, anche le palle da baseball, e nessuno può lanciarne uno così veloce e con così tanto spin da  superare la forza naturale della gravità.

La sua “blasfemia” non finisce qui. Nel giugno del 1991, nel programma ABC News “PrimeTime Live”, spiegò che non era affatto vero che Jordan restava in volo più degli altri quando schiacciava.

Diversi tifosi furono invitati a indovinare per quanto tempo Jordan sembrava rimanere sospeso in aria. Le loro risposte variarono dai sei ai dieci secondi.

Il professore Brancazio disse no. Anche Jordan – come il fastball – era soggetto a gravità. Il suo tempo di sospensione era di soli 0,9 secondi. Sconcerto generale.

Quell’anno, il Professor Brancazio elaborò la teoria del tempo di sospensione. In un articolo sulle schiacciate, elaborò una  formula per cui un salto verticale di 36 pollici ha un tempo di sospensione di 0,87 secondi, e uno di quattro piedi un tempo di sospensione pari a un secondo.

«La grandezza di Jordan non sta nel fatto che riesce a coprire enormi distanze orizzontali nell’aria. Accentua questa illusione perché tira quando è in parabola discendente anziché farlo quando ne è al culmine».

Nel 1981, scrisse il suo primo articolo sportivo, sul basket, per l’American Journal of Physics. Calcolò i migliori angoli per il tiro.

Brancazio – scrive il Nyt – non aveva dubbi sul fatto che le persone che più voleva impressionare — gli atleti di cui ammirava il lavoro — avrebbero disdegnato la sua ricerca.

«Larry Bird non ha bisogno di qualcuno che gli dica quali sono gli angoli migliori per effettuare i tiri», scrisse sull’American Journal of Physics nel 1988.

L’ultimo episodio raccontato dal Nyt risale al 1991, partita 1 delle World Series di baseball. La CBS introdusse SuperVision un’animazione computerizzata della traiettoria e della velocità dei tiri. Un lancio di Jack Morris, dei Minnesota Twins, venne  cronometrato a 94 miglia all’ora nel momento in cui lasciò la mano destra e arrivò alla stessa velocità nel guanto del catcher.

Gli analisti della CBS rimasero sbalorditi. Il giorno dopo, però, il Professor Brancazio disse che semplicemente non era possibile: una palla non poteva mantenere la stessa velocità sul suo percorso di 60 piedi e 6 pollici. «La resistenza dell’aria costringe la palla a rallentare», disse al New York Times. «In alcun modo può mantenere la stessa velocità o aumentarla. Dovrebbe perdere il 9 per cento della sua velocità lungo la strada».

L’inventore della SuperVision riconobbe l’errore, disse che le velocità erano state arrotondate, che in partenza la palla era di 94 miglia orarie e che era atterrata a 93.6.

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