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Velasco: «L’“andrà tutto bene” è una favola per bambini. Non sottovalutare l’avversario, il virus»

Intervista a Repubblica Bologna: «È ridicolo sostenere che sono a rischio le nostre libertà individuali. La realtà va affrontata, non negata»

Velasco: «L’“andrà tutto bene” è una favola per bambini. Non sottovalutare l’avversario, il virus»

E’ una follia pensare che quando sarà finita tornerà tutto come prima.

«Pensare che, quando usciremo di nuovo, sarà tutto come prima o solo un poco diverso renderà tutto più complicato, avremo la pandemia di ritorno. Bisogna prepararsi a tempi duri, a una lunga traversata. Ci arriveremo dall’altra parte, l’Italia ha risorse, cultura, è nel suo Dna farcela. Ma se ora sottovalutiamo l’avversario, che in questo caso è un nemico, il virus, partiamo col piede sbagliato. Altro è dire: sarà molto dura, ma siamo pronti. E su questo bisogna preparare soprattutto i ragazzi».

Repubblica Bologna dedica una lunga intervista all’argentino Julio Velasco, direttore tecnico del settore giovanile maschile della Federazione italiana pallavolo.

«Dire che andrà tutto bene è una favola per i miei nipotini. Noi adulti dobbiamo allenare mentalmente noi stessi e soprattutto i giovani a una traversata nel deserto. In qualsiasi partita l’errore più grande che puoi fare è sottovalutare l’avversario: è l’abc dello sport, ora è necessario rispettarlo nelle nostre vite per immaginare un futuro».

Racconta di vivere l’isolamento da privilegiato.

«Abito in campagna, alle porte di Bologna, lavoro molto, non mi avanza tempo, e faccio in modo che i giorni non diventino un tempo indistinto. I film li guardo solo alla sera, come prima, il fine settimana lo dedico ai miei interessi. In streaming seguo allenatori e ragazzi delle tre nazionali juniores: esercizi e teoria, video tutorial. Per quando ci sarà la possibilità di toccare di nuovo palla».

Sulle misure restrittive:

«Trovo ridicolo sostenere che sono a rischio le nostre libertà individuali, si tratta di disposizioni sanitarie per non contagiare il prossimo, perché non dovrei o non dovremmo rispettarle? Non perdiamo la nostra libertà fermandoci al semaforo rosso e non l’abbiamo persa ora stando in casa».

Si dice preoccupato dal pericolo politico.

«La crisi economica, la paura spesso portano all’uomo forte al comando: questo è il pericolo. Dobbiamo preoccuparci delle derive vere che sono all’orizzonte, il nazismo è stato favorito dalla crisi del ‘29, la maggioranza che appoggiò il fascismo nasceva da una situazione del paese disastrata. Non penso a Salvini, ma a chi sta alla sua destra. Bolsonaro è uno che non esisteva sino a ieri».

Ai giovani non bisogna dire che andrà tutto bene, quindi.

«Ma che andrà come noi faremo che vada. Cosa farò io? È la domanda da porsi. E se da una parte ci vogliono istituzioni, dalla scuola alla stampa libera, dall’università alla giustizia, che dovranno muoversi al di sopra degli interessi individuali dall’altra ci siamo noi. Servono misure di aiuto, ma anche una riflessione sul fatto che in questi momenti non si può pensare solo a se stessi. Capisco che è facile parlare in una situazione comoda come la mia. Ascoltiamo piuttosto i nostri anziani, mi devasta la loro morte, stiamo perdendo una generazione straordinaria. Chiediamo loro come hanno fatto a ricostruire dopo i bombardamenti, portiamoli quando si potrà nelle scuole. Quando un mio giocatore si lamentava rispondevo: chiedi a tuo nonno, lui come ha fatto? Se chiedi alla nonna di mia moglie, che ha 96 anni e vive a Ferrara, se erano poveri risponde: ma no, mangiavamo tutti i giorni. Abbiamo bisogno di quel modo di vedere le cose».

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