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“Queen&Slim” conferma che le perle del cinema vanno ricercate nelle minoranze

Opera prima della regista americana Melina Matsoukas. L’assurdità del potere contrasta con la ricerca di una vita a due

“Queen&Slim” conferma che le perle del cinema vanno ricercate nelle minoranze

Sempre più mi convinco che i buoni film nascono dalle minoranze e da giovani autori fuori dal coro. È il caso di “Queen&Slim” quest’opera prima della regista americana Melina Matsoukas – miscuglio greco e cubano – che ha diretto video musicali di grandi cantanti pop ed ora prova il grande cinema di impegno sociale con una buona sceneggiatura di Lena Waithe.

Q&S è infatti una strana mistura di film drammatico e sentimentale dove casualità ed assurdità fanno a gara ad influenzarsi. Due giovani di colore sono al primo appuntamento: galeotto fu Tinder. Queen (Jodie Turner-Smith) è una giovane avvocata tosta, mentre Slim (Daniel Kaluuya) è solo un ragazzo che fa il commesso in un supermercato che cerca una vita ordinaria “per essere ricordato dalla famiglia”. Tornati dalla tavola calda, vengono fermati da un poliziotto perché la macchina di lui sbanda: l’abuso di potere del poliziotto porta ad una colluttazione ed alla sua morte per mano di Slim.

Inizia la fuga dei due in macchina- filmata con delle inquadrature originali – dall’Ohio per il Kentucky fino all’Alabama dove Queen ha uno zio-lenone che li ospita. Emerge in questo tratto il lato romance, ma la drammaticità del film è dietro l’angolo perché la caccia all’uomo è iniziata con il suo corollario mediatico. I due incontrano opportunisti, fiancheggiatori involontari e ragazzi rabbiosi contro lo shoot libero dei poliziotti verso la gente di colore. La storia minima di un amore che si trova per strada nella diversità di due ragazzi si fonde con una società con troppe armi in giro e con molto potere senza controllo.

Avevamo già apprezzato Daniel Kaluuya in “Get out” nel 2017 e per quel film mix tra horror ed umorismo aveva già ottenuto una candidatura all’Oscar. Anche la Turner-Smith funziona in questo ruolo e soprattutto funzionano le musiche che accompagnano l’on the road dei fuggitivi (curate dal supervisore Kier Lehman); ed i costumi di Shiona Turini sono spettacolari. Il film è un atto di accusa sullo strapotere delle forze dell’ordine negli Usa e sulla mancanza di qualsivoglia filtro democratico nell’uso delle armi da fuoco che vengono utilizzate soprattutto su persone inermi. L’assurdità del potere contrasta con la ricerca di una vita a due.

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