Su La Stampa mette impietosamente a confronto i pareri di Ceferin e della virologa Capua. E scrive: «L’impresa-calcio non goda di corsie preferenziali»
Anche La Stampa, ovviamente, affronta il tema del ritorno al calcio. Lo fa con Gigi Garanzini che comincia così il suo articolo:
Dice Aleksander Ceferin che c’è tempo fino all’estate per ricominciare e concludere la stagione calcistica. Dice invece Ilaria Capua che del virus non ci libereremo prima. L’uno è presidente dell’Uefa, l’altra una virologa di fama mondiale.
E ci si potrebbe anche fermare qua. Garanzini è un signore e prosegue confrontando i due orizzonti temporali.
Tra le due eventualità prospettate ballano almeno due se non tre mesi.
E ricorda che
prima di ricominciare a giocare servono per gli atleti tamponi, controlli di idoneità approfonditi e, soprattutto in termini di tempi, una preparazione che riparta praticamente da zero.
La questione pubblico non c’è più, si giocherà a porte chiuse e sono tutti d’accordo. Basta non perdere i diritti tv.
Vale la pena riportare le due osservazioni finale.
La prima, da cittadini, è che tra le tante imprese, grandi e piccole, travolte dalla tragedia l’impresa-calcio non debba godere di corsie preferenziali: mettersi in coda semmai, visto come si è amministrata in questi anni.
La seconda è che il calcio nazionale e internazionale già si è macchiato del peccato (veniale?) di aver chiuso troppo tardi. Riaprire troppo presto sarebbe peccato mortale.