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Carbone racconta: “Quando arrivai a Napoli mi rubarono i bagagli”

In un’intervista a Calciomercato.com l’ex calciatore racconta il suo approdo a Napoli e la disavventura che lo accompagnò

Carbone racconta: “Quando arrivai a Napoli mi rubarono i bagagli”

Benito Carbone, ex Napoli, ha rilasciato una lunga intervista a calciomercato.com, in cui ha ricordato il suo arrivo in azzurro

“E non iniziò benissimo. Avevo firmato e decisi di sostare una settimana a Capri con mia moglie, avrei successivamente raggiunto la Calabria per proseguire le ferie e poi sarei partito per il ritiro estivo. Mi contattò la società per chiedermi di approfittarne, dal momento che mi trovavo in loco era opportuno raggiungere Napoli per scegliere l’appartamento che avrebbe ospitato me e mia moglie nel corso della permanenza campana. Risposi che mi andava bene. Il traghetto attraccò al molo e giù c’era già un autista del Napoli pronto ad aspettarci, il grande Armandino. La lista degli appartamenti da visitare era lunga ma ci fermammo alla seconda e non perché ce ne innamorammo, al contrario”.

E allora perché?

“Perché capimmo immediatamente che non era adatta a noi e andammo via, ma da lontano osservavo l’auto di Armandino e c’era qualcosa di strano, più mi avvicinavo, più il sentore negativo diveniva certezza. I ladri avevano forzato e aperto il baule, portandosi via i miei bagagli con dentro oro, orologi, documenti, soldi. Tutto. Fu il benvenuto”.

Cosa fece?

“Disperato chiamai il mio procuratore, in lacrime. Gli dissi, ma dove c… mi hai mandato? Ero arrabbiatissimo, mai avrei pensato che proprio in quella città avrei invece vissuto probabilmente le esperienze più belle della mia vita. Napoli è fantastica e quando ti cali nella sua realtà capisci che nessuna città al mondo può darti le stesse cose. Napoli si autogestisce, si crea le proprie regole, il proprio codice della strada. E la cosa incredibile è che tutti si riconoscono in quei codici. Se qualcuno, in un vialetto, arrivava contro mano in auto, quello che in teoria avrebbe avuto ragione non si arrabbiava, ma accostava verso il marciapiede e faceva spazio”.

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