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Ottavio Bianchi: “Le persone muoiono e il calcio parla di calendari. Sono alieni”

A La Stampa: “Mi chiamavano per l’Atalanta, adesso per sapere se sono vivo. Non posso vedere i miei figli. Le lacrime arrivano a tradimento”

La Stampa, a firma Gigi Garanzini, intervista Ottavio Bianchi, ex tecnico del Napoli. E’ nato a Brescia, una delle province più devastate dal virus.

«Meno di un mese fa mi chiamavano da ogni parte del mondo per parlare dell’Atalanta. Adesso mi cercano amici e conoscenti, anche dall’Argentina, dall’Ungheria, dalla Russia per sapere innanzitutto se son vivo. E come riusciamo a tirare avanti».

Vive a Bergamo, nell’epicentro dell’epidemia.

«Sono qui da solo, a Bergamo Alta, ho dovuto rinunciare alla signora che dava una mano in casa. Non posso vedere i ragazzi, mi lasciano da mangiare e qualcosa da leggere sul pianerottolo, e ho sempre davanti agli occhi le immagini delle bare sui camion militari. Non ero uno da pianti, adesso le lacrime arrivano a tradimento. Mi chiedo perché proprio Bergamo, e Brescia, e la Lombardia, perché migliaia di morti che se ne vanno da soli, senza il conforto di una mano, di uno sguardo. So cosa significa essere in rianimazione, intubato, mi è successo qualche anno fa di essere appeso a un filo. E mi sembravano eroi già allora quelli che mi assistevano 24 ore su 24, oggi lo sono per tutti, ma intanto li hanno mandati in guerra disarmati e quanti ne muoiono a loro volta per salvare gli altri. Poi senti i parolai, abbiamo ordinato questo, abbiamo ordinato quest’altro, anch’io ordinavo di vincere quella partita ma erano per l’appunto parole. Un giorno qualche risposta ce la dovranno pur dare, i parolai, quelli che hanno tagliato la sanità pubblica per cominciare. E la dovranno innanzitutto a questi eroi che rischiano la loro vita sino allo stremo delle forze».

Ha senso adesso parlar di calcio? Di calendari, di allenamenti da riprendere? È un caso che gli sport cosiddetti minori abbiano abbassato la serranda senza fare storie, e solo il calcio business stia disperatamente cercando di tenerla alzata?

«Non ha senso no. Sono chiacchiere di alieni, mentre negli ospedali e nelle strutture per anziani sono costretti a lasciar morire la gente che non possono curare. Conosco il mondo del calcio da quando avevo 13 anni, ma in un momento come questo riesce ad andare oltre l’immaginazione».

 

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