Il presidente della Regione Lombardia intervistato dal Corriere della Sera: «Restate a casa. Lo dico con le buone. Se non sarà sufficiente bisognerà intervenire ancora»
«Non è una questione di misure o di multe. O almeno, non dovrebbe esserlo. Qui il problema è che da una parte vedo gente che esce a passeggio e dall’altra vedo persone che non riescono più a respirare. Insomma, basta! Lo dico con le buone, ma se non sarà sufficiente bisognerà intervenire ancora».
Sono le parole di Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia, intervistato dal Corriere della Sera. La Lombardia è al collasso. Conta il più alto numero di contagiati e deceduti da Covid-19 della penisola. Qui l’emergenza non accenna ancora a finire, con l’aggravante che le terapie intensive sono sature.
«I numeri di questa epidemia continuano a essere a livelli preoccupanti, perché lungo il mio tragitto quotidiano da Varese a Milano continuo a vedere incolonnate troppe auto e perché io non posso accettare che ogni giorno muoiano tante persone. E allora mi arrabbio con chi sembra non aver capito o finge di non capire».
Restare a casa, spiega,
«è l’unica arma che abbiamo ora per interrompere la catena del contagio diffuso. Quindi diciamolo ancora una volta con le buone: restate a casa. Ma se non basterà dovremo pensare a qualcos’altro».
Fontana aggiunge che le misure in vigore andrebbero bene se fossero rispettate. E sottolinea la necessità di ulteriori controlli. La situazione è drammatica, spiega.
«È brutta, è brutta, mi dispiace ma non possiamo girare intorno alla realtà. Nei nostri ospedali ci sono medici e infermieri che stanno facendo cose sovrumane, perché davvero non è immaginabile che una persona possa lavorare in quelle condizioni di stress per così tante ore al giorno per tre settimane consecutive, senza riposare, magari senza nemmeno mai uscire dall’ospedale. E io vorrei che quelli che escono a passeggiare perché vedono una bella giornata di sole provassero a soffermarsi su cosa possa significare dover badare contemporaneamente a quattro, cinque-sei pazienti che faticano a respirare e sono attaccati a un filo di vita».