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E’ insopportabile la sicumera con cui viene arbitrato il Napoli

La scuola italiana degli arbitri è scarsa. Affetta da sudditanza analogica. Peggiorata col digitale. Un esercito che non vede niente e non consulta la Var. Giocatore in campo più che osservatore neutrale

E’ insopportabile la sicumera con cui viene arbitrato il Napoli

Come nella cantilena senza senso del film di Moretti il calcio fa i conti con i suoi “errori”. Si sogna l’alba del Var, alla fine prevale l’ancién regime del “qui decido io”. Ammonizioni, squalifiche e rigori vanno a impinguare la dote di fesserie già fatte da ammutinati, capitani dolosi e proprietari.

Nessun alibi

C’è una questione arbitrale, che pesa sui bilanci delle società. Chi legge questo commento stia sicuro: nessun alibi per una stagione disastrata, frutto amaro di una transizione senza idee chiare. Contratti da rinnovare o da chiudere (una follia rinunciare alle balie Mertens e Callejón), acquisti orfani di progetti (suggeriti da chi e per quale modulo?), allenatori con la valigia, opposti per dimensioni calcistiche (in linguaggio ittico, pesce azzurro per Gattuso, atlantico per Ancelotti).

Grande con le grandi, piccola con le piccole

Nessun alibi. La transizione tecnica, con le squadre avversarie in vena di spese e ingaggi milionari, ha portato (e porta) con sé confusione, tensioni da spogliatoio e tracollo di punti in campionato. Ma ci sarà pure una ragione, per la quale si sono vinti tutti gli scontri diretti con le squadre di testa e persa una quantità industriale di punti e posizioni in classifica? Non si spiega solo col gioco, la sfortuna, i pali e i danni muscolari.

Le preferenze

Anche l’organizzazione del calcio italiano, con le sue “tendenze”, verrebbe da dire “preferenze”, ci mette il suo. E’ una questione atavica, ma non più tollerabile, visti gli investimenti in gioco. I partiti sono due: quelli che sostengono che non bisogna lamentarsi, pena l’accusa di coprire così i difetti di fabbrica, e quelli che ritengono i lamenti delle piccole come quelli delle grandi, che ne fanno eccome quando a loro va storto. E, quindi, nessuna remora nel denunciare i fatti. Anzi, provare a riformare il sistema.

Senza pudore

In questo secondo quadro doloso è insopportabile la sicumera con cui viene arbitrato il Napoli. Una questione di cui si è perso anche il pudore di parlarne. Il calcio italiano è ostaggio di un potere abituato a far strame delle garanzie che dovrebbero essere assicurate a chi con i propri soldi manda avanti il carrozzone. E quando l’imprenditore de Laurentiis chiede tutela per il patrimonio Napoli, ha ragione. O quando la chiedono i tifosi per non buttare via i soldi del biglietto e dell’abbonamento tv, c’è da pensare ai quarantamila disillusi di Napoli-Lecce, che hanno assistito in diretta  allo scempio del Var, trattato con la superbia di chi sa di poterne fare quello che vuole.

Ci vogliono contenti e fessi

C’è voluta l’immensa classe di Maradona e un’altra epoca per rompere gli schemi precostituiti del dominante e del dominato. Poveri e ricchi, Sud e Nord, Vesuvio e Madunina, Fiat e cinema, fair-play e capitali coraggiosi. Tutti nella stessa barca, a patto che ci si accontenti. Il Napoli, però, non serve più alla causa nazionale se si mette in testa che vuole lo scudetto. Capitò al Verona poareto di vincerlo, ma gli arbitri allora si sorteggiavano. La lezione bastò e l’eccezione restò eccezione.

Clima da SuperLega

Cambiano i tempi, cambiano pure gli scenari. Zitti zitti si discute della SuperLega europea per gli intoccabili della domenica, ovvero le squadre di Milano, Torino e Roma capitale, e una sorta di cucchiaio di legno per il resto d’Italia, feriale e napoletana. In questo clima che volete che faccia un certo Giua, arbitro di Napoli – Lecce, che deve decidere se fare lo spocchioso o vedere il Var, non si sa mai che gli azzurri possano avere ragione?. Infatti, il rigore pro-Napoli c’era e pure l’assurda multa a Milik per simulazione. Dichiarato ufficiosamente innocente e realmente condannato. Bah.

La macchina della verità

Che ingarbuglio. La scuola italiana degli arbitri è scarsa al punto di non esprimere un nome per gli europei. Affetta da sudditanza analogica. Peggiorata col digitale. Un esercito che non vede niente (vabbé esageriamo) e nemmeno consulta la “macchina della verità”. Giocatore in campo più che osservatore neutrale. Viva il rugby, dove l’azione la possono vedere tutti sul display, dove si sente la voce dei giudici di campo, dove la loro autorevolezza non è mai messa in discussione perché meritata.

Verrebbe da dire, viste le conseguenze, “Giuà, ma che cumbinato”.

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