ilNapolista

Le idee di Gattuso sembrano più adatte a questo Napoli

Solo il tempo dirà se questa strada riporterà gli azzurri a fare risultato. Ma è un tentativo che sembra più vicino alle caratteristiche dei giocatori. Alle loro qualità, ai loro limiti

Le idee di Gattuso sembrano più adatte a questo Napoli

Oltre il risultato, oltre il tempo

L’analisi tattica di Lazio-Napoli 1-0 deve necessariamente andare oltre il risultato. Non tanto e non solo perché la rete di Immobile, che ha determinato la vittoria dei biancocelesti, non ha avuto nulla a che vedere con le scelte degli allenatori e con lo sviluppo della partita, ma soprattutto perché il gioco mostrato dal Napoli individua chiaramente la nuova strada tracciata da Gattuso. Una strada che si preannuncia lunga e lastricata di difficoltà, ma che sembra anche congeniale alle caratteristiche dei giocatori azzurri. Quindi Lazio-Napoli 1-0 va letta anche oltre il tempo, cioè proiettandoci nel futuro. Un futuro fatto di 4-3-3 e possesso palla, elementi che riportano alla memoria il triennio di Sarri, ma che in realtà si declinano in maniera diversa.

La ricerca dell’equilibrio

Le differenze si sono percepite soprattutto nel primo tempo. Il Napoli, infatti, ha approcciato la partita in maniera molto guardinga, soprattutto in fase attiva. La chiave tattica nei 45′ iniziali è stata la stabilità, anzi la staticità della linea difensiva. Ogni volta che il pallone veniva recuperato e/o veniva smistato da Ospina, Manolas e Di Lorenzo, tutti e quattro i difensori del Napoli rimanevano molto bassi. La terza linea non si è mai scomposta, in questo modo il possesso palla è diventato uno strumento puramente difensivo.

Rimessa laterale di Mario Rui a sinistra, palla smistata verso Manolas e poi aperta verso Hysaj; Fabián Ruiz offre lo scarico centrale, ma non scivola in mezzo ai due difensori centrali mentre gli esterni bassi risalgono il campo

Come si vede nello screen sopra, Fabián Ruiz interpreta il ruolo del pivote in maniera scolastica: retrocede per offrire uno scarico centrale, ma in realtà il pallone ha viaggiato soprattutto da difensore a difensore. Lo confermano i dati: l’ex Betis ha terminato la partita con 102 palloni toccati, una quota elevata ma comunque più bassa rispetto a quelle di Hysaj (120), Mario Rui (119) e Di Lorenzo (104). Solo Manolas ne ha giocati di meno rispetto a Fabián (82), ma sappiamo che il greco non è molto a suo agio in fase di impostazione.

È facile immaginare che Gattuso abbia scelto di giocare in questo modo per provare a dare maggiore equilibrio alla sua squadra. Con quattro uomini più il portiere e Fabián Ruiz a costruire dal basso, c’erano pochissime possibilità di concedere profondità alla Lazio, anche in caso di transizione negativa – ovvero di recupero palla e immediata controffensiva da parte degli avversari. Solo quando gli azzurri sono riusciti a superare il primo pressing, il terzino sul lato forte è salito per sostenere la manovra. Sotto, un grafico che conferma questa considerazione.

Tutti i palloni giocati da Hysaj e Mario Rui nel primo tempo (in questo campetto, il Napoli attacca da destra verso sinistra)

In questo modo, il Napoli ha inaridito il gioco degli avversari. Ma ha finito per inaridire anche il suo. All’intervallo, infatti, i tiri totali verso le porte di Strakosha e Ospina sono stati solamente 10, 7 della Lazio e 3 del Napoli. Questo numero deve essere però “scremato”: la squadra di Inzaghi ha tentato 4 conclusioni tra il 41esimo e il 43esimo minuto, e 2 di queste sono arrivate da fuori area. Insomma, due minuti di sofferenza su 45 sono un buon risultato per un Napoli pensato e messo in campo per limitare il gioco degli avversari, piuttosto che per costruire il proprio.

Nel primo tempo di ieri, il Napoli ha volutamente abbassato i ritmi del proprio gioco. È come se Gattuso fosse sceso a patti con sé stesso e con la Lazio, contemporaneamente. Ha cercato di tenere il pallone, ma l’ha fatto per avere il controllo del gioco e del risultato senza correre rischi – il Napoli non ha alzato molto la linea di pressing, e non ha cercato quasi mai la verticalizzazione.

Questa è una differenza rispetto al triennio di Sarri. Dal 2015 al 2018, infatti, il Napoli ha cercato praticamente sempre di alzare i ritmi delle proprie partite, soprattutto in fase passiva. Il pressing era sistematico, magati in alcuni frangenti il possesso palla veniva utilizzato per riprendere fiato, ma l’obiettivo era quello di risalire il campo. Il Napoli ha giocato così nel secondo tempo, quando la Lazio si è ritrovata a corto di energie, costretta a inseguire un avversario più spavaldo e brillante. Che aveva maggiori energie fisiche e ha provato a vincere la partita.

Alzare il barientro

Dopo l’intervallo, il Napoli di Gattuso si è palesato anche in fase offensiva. Semplicemente, la squadra azzurra ha alzato il proprio baricentro e ha letteralmente spostato la partita nella metà campo della Lazio. Il possesso è diventato difensivo e offensivo insieme, i maggiori movimenti in avanti hanno determinato un numero più alto soluzioni, quindi la manovra è diventata più fluida, più veloce. Così sono nate diverse occasioni da gol: in totale, il Napoli ha tentato 10 volte la conclusione verso la porta di Strakosha. Di questi tiri, 4 sono entrati nello specchio e uno è finito sul palo. Non è un caso.

Com’è cambiato il posizionamento di Lazio e Napoli tra primo e secondo tempo. Nei primi 45′, la squadra di Simone Inzaghi è stata cortissima e ha assunto una posizione molto ambiziosa; il Napoli, invece, ha tenuto un baricentro abbastanza basso. Nella ripresa, la situazione si è ribaltata in maniera esattamente opposta.

A ritmi alti, la tecnica di uno o più giocatori risulta più evidente. O meglio: le differenze con chi è meno dotato sono più marcate. Al netto della stagione orribile che sta vivendo, il Napoli ha una rosa di grande qualità, come si è visto nel secondo tempo della partita con la Lazio. Gli uomini di Inzaghi non hanno saputo trovare le contromisure adatte ai movimenti poco intellegibili di Zielinski e Insigne: il polacco si è spesso scambiato la posizione con Allan, il capitano del Napoli è stato invece bravissimo a muoversi tra le linee, nei mezzi spazi, in questo modo ha offerto linee di passaggio più imprevedibili e ha determinato diversi tentativi per una giocata risolutiva – l’assist per un compagno oppure la conclusione verso la porta.

Pochi istanti prima del palo colpito da Zielinski, Insigne riceve il pallone nel mezzo spazio di centrosinistra. Oltre alla posizione del capitano del Napoli, si noti come ci siano otto calciatori della squadra di Gattuso nella metà campo della Lazio. Mentre il Napoli costruisce gioco a sinistra (il 43% delle azioni azzurre sono nate sull’out mancino), Allan e Callejón attaccano l’area e si affiancano a Milik. Fabián Ruiz resta centrale, Hysaj è in posizione avanzata, praticamente sulla stessa linea dello spagnolo.

Nel finale, la condizione fisica ancora deficitaria per supportare questo tipo di gioco ha determinato una dilatazione delle distanze sul terreno di gioco – anche perché il Napoli, fiutando la possibilità di vincere, ha davvero tentato il tutto per tutto, finendo anche per perdere equilibrio. L’errore di Ospina ha vanificato tutto, ma le buone sensazioni tattiche restano.

Nel postpartita, Gattuso ha spiegato come la giocata troppo forzata del portiere colombiano nasca da meccanismi provati in allenamento: per il tecnico calabrese, «il portiere è un elemento che dà superiorità numerica in fase di uscita. Ospina ci ha permesso di uscire bene in fase di costruzione tante volte, ora si guarda solo all’errore commesso». È una considerazione estrema. Ideologizzata, viene da dire. Eppure risulta coerente con i numeri: Ospina ha giocato il pallone 42 volte con una precisione del 96%; Strakosha, tanto per fare un confronto, non arriva al 67% con 30 palloni giocati. Soprattutto, le parole di Gattuso sono in sintonia con il lavoro che sta portando avanti: l’allenatore del Napoli ha in mente una squadra che sappia far girare il pallone e che proprio attraverso il possesso determini il ritmo e l’intensità del proprio gioco – e il gioco degli avversari.

In questo senso, Lazio-Napoli è stata la miglior partita della sua gestione, tra l’altro contro una squadra in un gran momento di forma. Certo, solo il tempo dirà se questa strada, intrapresa con assoluta convinzione, riporterà gli azzurri a fare risultato. Non è scontato, ma è un tentativo che sembra più vicino alle caratteristiche tecniche e mentali dei giocatori in organico. Alle loro qualità, ai loro limiti.

ilnapolista © riproduzione riservata