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Ibra: “Andrò in una squadra che è in cerca di una sfida contro tutti. Ci vediamo presto in Italia”

Sul CorSera l’anticipazione dell’intervista rilasciata dallo svedese a GQ: “In Italia mi chiamavano zingaro. Poi quando mi vedono vogliono farsi una foto con me”

Ibra: “Andrò in una squadra che è in cerca di una sfida contro tutti. Ci vediamo presto in Italia”

Ha detto che deciderà entro una settimana, Ibrahimovic. Che scioglierà le riserve sul suo futuro. Intanto ha rilasciato un’intervista a GQ, che sarà domani in edicola. Il Corriere della Sera ne riporta delle anticipazioni.

«Andrò in una squadra che deve vincere di nuovo, che deve rinnovare la propria storia, che è in cerca di una sfida contro tutti. Solo così riuscirò a trovare gli stimoli necessari per sorprendervi ancora. Come calciatore non si tratta solo di scegliere una squadra, ci sono altri fattori che devono quadrare. Anche negli interessi della mia famiglia. Ci vediamo presto in Italia».

Che sia il Milan, che gli ha offerto 6 mesi di contratto a quasi 4 milioni di ingaggio?

«Ci sono calciatori che giocano a calcio e altri che pensano il calcio. Quando uno pensa inventa un nuovo modo di fare calcio, gli altri seguono e basta. Io amo fare la differenza. Non voglio fare bene solo una o due cose, voglio farle bene tutte».

Ibra parla della sua esperienza americana.

«Sono molto contento di aver fatto questa esperienza a Los Angeles, anche perché dopo l’infortunio molti dicevano che non sarei più stato in grado di giocare, invece ho dimostrato che posso ancora fare la differenza. A livello tecnico e tattico devono ancora crescere. Corrono, ma non sono abituati a giocare con i piedi, perché in tutti i loro sport tradizionali usano le mani».

E lo svedese si espone anche sul razzismo.

«Mettere la maglia “No al razzismo” è bello, ma non risolve il problema. Meglio togliere tre punti, sospendere la partita e perdere l’incasso, così rischi di andare in serie B. Devi essere severo, la gente non capisce fino a quando non paga le conseguenze. Quando ero in Italia mi gridavano “zingaro!”. È razzismo anche quello, è ignoranza, anche se poi quando mi vedono fuori dallo stadio mi fanno i complimenti e vogliono farsi una foto con me».

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