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Ma che malattia hanno quelli che “sì però il Napoli a Liverpool ha fatto catenaccio”?

Nemmeno noi del Napolista avremmo immaginato di trovarli con il fegato ingrossato e il ditino alzato alla fine di una di quelle serate care a Nick Hornby

Ma che malattia hanno quelli che “sì però il Napoli a Liverpool ha fatto catenaccio”?

Noi del Napolista conosciamo abbastanza bene (eufemismo) l’ambiente Napoli, nel senso dei tifosi. Ne scriviamo quotidianamente, da anni. Con posizioni che vengono definite provocatorie, in realtà sono pensieri persino mitigati. E ieri  abbiamo avuto la presunzione, l’illusoria idea che tutti i tifosi del Napoli avessero vissuto una serata meravigliosa. Una di quelle partite che non dimentichi, che ti restano addosso, sulla pelle, con quelle sensazioni di paura, esaltazione, angoscia che si alternano nei novanta minuti (in realtà novantotto).

Una breve parentesi personale. Per me è stata una serata che mi ha riconciliato con l’idea che ho del calcio, dello sport. Che intendo sempre come un superamento dei propri limiti, dei propri confini. Non sono un esteta del calcio. Lo sport come tecnica assoluta mi interessa relativamente. Per esplicitare il mio pensiero, sono convinto che con lo stesso talento ma con un’altra testa Maradona non sarebbe stato Maradona. La sua vera forza è sempre stata nella testa, nella sua determinazione, nella voglia di emergere e di vincere. Come mostra anche il film di Kapadia. Chiusa parentesi.

Il Napoli ieri sera ci ha commosso. Ci ha commosso la grinta messa in campo. La generosità, la voglia di lottare fino all’ultimo. Quell’accenno di rissa al novantesimo è stata pura poesia.

Ritrovarsi il giorno dopo sui social a leggere commenti critici nei confronti della prestazione del Napoli, è stato stordente. “Abbiamo fatto catenaccio” come se fosse un insulto. Un affronto. Si gioca e si sceglie la via più efficace per portare il risultato a casa. È questa l’intelligenza: saper adattarsi alle diverse situazioni, saper trovare rimedio alle diverse difficoltà che si incontrano.

Ma andando persino oltre, la domanda è: se persino in una serata come quella di ieri, la presunta estetica (ci sarebbe molto da discutere dell’oggettività della bellezza) prende il sopravvento sulle emozioni, vuol dire che il problema è serio. La malattia, a nostro avviso, è grave. Tifosi col ditino alzato, biliosi nei confronti di Ancelotti. Ma quindi è vero che stavano preparando il funerale? Sorge più di un sospetto. In realtà lo sappiamo che è vero. Ma ci illudiamo sempre che non sia così. In queste settimane ci siamo divertiti molto a leggere impiegati del catasto, disoccupati disorganizzati, impartire a Carlo Ancelotti lezioni di calcio, di tattica, di gestione delle risorse umane. Il tutto, ovviamente, per dire che sì, che avevano ragione loro.

Ma non avremmo immaginato che questa sensazione di estraneità resistesse persino di fronte a Liverpool-Napoli. Una partita che potremmo definire una piccola Italia-Brasile, ovviamente facendo le debite proporzioni, anche per le condizioni psicologiche in cui era il Napoli. Persino noi del Napolista che, va detto, non abbiamo una grande considerazione dei tifosi – seguitori – della nostra stessa squadra, nemmeno noi avremmo immaginato di trovarli con il fegato ingrossato, col ditino alzato, a negare la grandiosa serata. E non sono nemmeno pochi. Non osiamo immaginare cosa avrebbero detto del Napoli che vinse il secondo scudetto, ma per certi versi anche il primo.

Effettivamente si è compiuto un disastro culturale. Il calcio è stato assimilato alla ginnastica ritmica. Nel nostro mondo, il mondo in cui abbiamo imparato ad amare il calcio, la partita di ieri sera a Liverpool sarebbe stata salutata quasi con lacrime. Sono le partite lacrime e sangue (non a caso in Inghilterra) che da sempre hanno unito i tifosi. Una partita che sarebbe piaciuta – o forse sarà piaciuta – a Nick Hornby. Se al triplice fischio finale, non avete provato una insopprimibile gioia che è quasi impossibile da raccontare, beh qualche domanda ponetevela. E magari rivolgetevi a un medico. Oppure prendete atto che tifate per qualcos’altro. Forse per un’idea. Non c’è niente di male. Ma non è il Napoli.

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