Mario, al contrario di loro, ha gettato un ponte tra il suo mondo e il nostro di comuni mortali, in cui se ti rivolti contro il tuo datore di lavoro, il giorno dopo sei a spasso

Su Il Giornale, Benny Casadei Lucchi scrive che è molto meglio Balotelli sia di Conte che dei rivoltosi del Napoli. In lui – e nel suo calcio furioso al pallone contro il razzismo – c’è più umanità e partecipazione alle cose terrene, alla vita di noi comuni mortali.
Conte, assunto per un milione di euro al mese dalla sua azienda, le urla contro, ingrato, e la accusa di non accontentarlo. Il gruppetto di “rivoltosi privilegiati chiusi in mutande dentro uno spogliatoio del San Paolo” si rifiutano di tornare in ritiro.
Due comportamenti distanti dalla realtà, al contrario di quello di Mario Balotelli, che invece è come se, con quel pallone lanciato in curva, avesse creato un ponte
“tra il suo mondo affollato di Lamborghini, catene d’oro ma anche torti e sofferenze, e il nostro ingolfato di utilitarie in fila e code e treni e autobus che si schiantano, e acciaierie a rischio chiusura, e ventimila
famiglie a spasso, e pompieri che salutano i figli alla sera e non li rivedranno all’alba”.
Un ponte tra il piccolo mondo dei privilegiati di un ricchissimo sport e il mondo reale, lo stesso che né Conte né i giocatori del Napoli hanno saputo creare.
L’atteggiamento della squadra partenopea è forse solo in parte attenuato dalla giovane età dei tesserati. Ma comunque si tratta di una ribellione al loro datore di lavoro.
“Nel mondo reale non ci si potrebbe mai rivoltare così. Nel mondo reale il giorno dopo tutti a spasso. Via. Lontani. Come un pallone sparato in curva da uno dei pochi giocatori rimasti, in fondo, uguali a noi. Nero o bianco non importa”.