Sul Fatto. E’ il piedistallo da 300mila abitanti del calciatore, adibita a set della culla del mito. Tutto qui parla di lui perché CR7 è boom turistico

Ora Sul Fatto Quotidiano un’ampia pagina dedicata a Madera, l’isola portoghese dove è nato Cristiano Ronaldo. Dove, di fronte al suo museo ed al suo hotel, sorge la statua in suo onore.
E’ quella che cercano tutti i turisti, una volta arrivati sull’isola. Perché è lui il re di Madeira.
“La portoghese Madeira è il piedistallo da 300mila abitanti del calciatore, adibita a set della culla del mito”.
Gli abitanti sono orgogliosi del loro campione, che gira il mondo ma alla fine torna sempre sull’isola.
“è come Dio in chiesa: a Madeira lui c’è sempre”
A Madeira,
“se provi a nominare le accuse di stupro mosse al calciatore, i ragazzi si allontanano all’istante indignati sputando a lato, con espressione dettata da machismo schifato”.
Sull’isola il campione portoghese ha costruito il Cristiano Ronaldo futebol campos, di fronte l’estadio da Madeira. Quando ha iniziato a girare il mondo, il governatore Miguel Albuquerque ha deciso di intitolargli tutto perché
“Ronaldo significa boom turistico”.
La sua statua è di fronte al suo museo e al suo hotel, il Pestana Cr7. In essa c’è solo un punto scolorito, nelle parti basse perché le turiste russe e asiatiche si affollano a toccare proprio quel punto. Dicono che porti fortuna. Ha il “fallo dorato”.
“Per culto epidemico e idolatria al re dei campi verdi, Madeira è pari solo a Napoli che continua a venerare il suo numero dieci argentino, ma Ronaldo sembra il gemello inverso, narcisista complementare di quel giocatore irripetibile e disgraziato che è stato Maradona”.
Il Fatto lo definisce “posticcio”, con “muscoli umanoidi illuminati dalla boria con cui inonda il mondo” e un
“sorriso perennemente identico bianco gesso, palesemente falso, indistinguibile da quello del pupazzo digitale Playstation”.
Ma nelle salumerie e nelle tabaccherie c’è la sua immagine da bambino, anzi, di quando era
“un pubescente smarrito, con acne e denti storti. Sul muro un vecchio guarda la sua foto da bambino povero con la maglia bianco nera della squadra di Funchal, il National, gli stessi colori del club più blasonato d’Italia in cui gioca oggi. “Ha avuto la stessa determinazione delle onde del nostro oceano. Si è allenato sempre, si è arreso mai, ha palleggiato fino alla vetta dell’isola, fino a quella del mondo””