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Il Giornale: terzo pugile morto in 3 mesi. Diete sbagliate, incompetenza ed errori

Stavolta è toccato al 27enne americano Patrick Day. Il professor Sturla: “Servono prevenzione, istruzione, educazione”

Il Giornale: terzo pugile morto in 3 mesi. Diete sbagliate, incompetenza ed errori

Un altro pugile morto. Il terzo da luglio, scrive Il Giornale. Stavolta è toccato al 27enne americano Patrick Day.

Al decimo round contro Charles Conwell in un incontro tra superwelther, Day è andato al tappeto, ha battuto la testa e perso conoscenza. E’ stato qualche giorno in coma, poi è morto nel reparto di rianimazione di Chicago, dopo aver subito gravi danni cerebrali.

Prima di lui, da luglio, è toccato al 28enne russo Maxim Dadashev e al 23enne argentino Hugo Santillan.

“Una macabra democrazia del pugno: non fa sconti per età o provenienza, non si è più poveri o più ricchi, nemmeno conta aver disputato tanti o pochi match. Si è soltanto figli del proprio destino e, forse, gente più fragile di quella di un tempo”.

Per anni, scrive il quotidiano, la boxe “si è attrezzata per evitare i morti”, ma non è bastato. spesso gli uomini che ruotano attorno a questo sport, dagli allenatori agli uomini d’angolo, ai medici agli arbitri non fanno di tutto per evitare le tragedie.

“Talvolta vincono l’ignoranza nei maestri vecchio stile, arbitri poco tempisti negli interventi, pugili che non sanno aiutare il corpo”.

Il professor Ireneo Sturla, docente universitario e medico a bordo ring in centinaia di match spiega:

“Tutto parte da lontano: dalla prevenzione. Per esempio dall’attenzione a dieta ed equilibrio dei liquidi. Il Wbc impone una pesatura un mese prima e non deve superare il 6% del limite di categoria poi, una settimana prima, il peso non deve superare il 3%. Se esageri con le saune, il corpo perde liquidi, il cervello naviga nell’acqua, ne risente: c’è alterazione encefalica. Basta uno spostamento violento del capo per rompere la vena ponte”.

Errori e incompetenza regnano:

“Vedo ancora uomini d’angolo che usano male le borse di ghiaccio: le mettono sul collo o sulla schiena, non sulla testa. Oppure sul petto dove si rischiano alterazioni cardiache. E altri errori macroscopici: palazzetti a 35 gradi, musica a palla, tutto provoca alterazioni al fisico”.

Sottovalutare un pugno, spiega il professore, è un rischio, perché la sindrome da secondo impatto è devastante: non è l’ultimo colpo che ammazza.

I guantoni sono meno pesanti di una volta.

“Ma quando subentra l’acido lattico diventano bombe, i pugili tirano più colpi al viso e molto meno al corpo. Insieme alla Ucla abbiamo studiato i guantoni, la forza di impatto. Si è abbassato il numero dei round per i match titolati. Ma servono prevenzione, istruzione, educazione. Un medico diceva: censire i rischi per censurarli”.

Eppure, commenta Il Giornale,

“un tempo, c’erano pugili-muratori che lavoravano 8-10 ore, eppoi si allenavano e combattevano. Forse non è solo questione di pugni”.

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