Sul Corriere dello Sport: “L’arbitro sgravato dalla responsabilità valutativa non è più arbitro di niente, diventa puro attuatore passivo di un ordine”
Il Corriere dello Sport intervista l’ex arbitro ed ex designatore Paolo Casarin. A lui chiede delucidazioni sul rigore fischiato a De Ligt per presunto fallo di mano.
Questo il suo parere sull’episodio:
“Lui composto, l’avversario alle spalle, nessun tentativo consapevole di danneggiarlo con la mano. Secondo i crismi della tradizione, un classico gesto involontario”.
La volontarietà, però, non conta più nulla
“Con la volontarietà sta morendo la ragionevolezza. Se tu dici all’arbitro che il fallo di mano è sempre rigore, modifichi la relazione tra fallo e punizione. La punizione non può prescindere da un giudizio sulla condotta del calciatore. Se il fatto accidentale subisce la stessa sanzione di un fatto doloso, il calcio non è più ragionevole. In una parola, il calcio non è più il calcio”.
Se si toglie all’arbitro una capacità di valutazione, aggiunge Casarin, l’arbitro non ha più ragione di esistere:
“L’arbitro sgravato da una responsabilità valutativa non è più arbitro di niente. Diventa puro attuatore passivo di un ordine. Smette di essere colui che, interpretando una regola che considera giusta, la trasmette al calciatore e la impone come simbolo della sportività. Così, senza volontarietà e senza ragionevolezza, viene meno anche l’etica”.
L’idea dell’arbitro che in campo vede e decide, forte solo della sua autorità, dice Casarin, è tramontata quando negli anni Novanta sono stati inseriti i guardalinee specializzati, i due arbitri e infine la tecnologia. Che è comunque qualcosa che può far migliorare,
“ma tecnologia vuol dire stabilire se la palla supera la linea, se entra in porta, e ancora se il fuorigioco c’è oppure no. Per il resto è l’arbitro che deve decidere”
Per decidere se si tratti di rigore o meno, dice, l’arbitro deve guardare gli occhi del difensore,
“perché il calcio è fatto anche di paura, sorpresa, felicità, rabbia. E sono tutte emozioni che parlano, e che fanno questo sport unico”.
Insomma, il Var ben venga per stabilire se c’è o non c’è fuorigioco, spiega,
“ma quando sono a tre metri da uno che colpisce la palla con la mano devo decidere io, e devo decidere se c’è o non c’è la volontarietà”
La nuova regola è una “menata” che circolava già da un paio di anni e che nessuno è riuscito a fermare.
Sui cori razzisti:
“Gli arbitri devono proteggere i calciatori da qualunque forma di discriminazione. Se uno cerca di rompere le gambe a un altro, l’arbitro interviene. E se un giocatore subisce un’offesa razziale, l’arbitro dà l’unica risposta possibile: ferma il gioco finché non torna il rispetto delle regole. Perché è il custode della sportività e deve avvertire che, offendendo un calciatore in modo così vergognoso, vengono meno le condizioni etiche minime perché la gara prosegua”.