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Rocchi: «Viva il Var ma è un supporto, l’arbitro deve rimanere centrale, deve decidere»

Alla Gazzetta. «È una ciambella di salvataggio ma va gestita nel modo giusto. Se non decidiamo, mandiamo in difficoltà il collega, magari giovane, che sta al video»

Ultimo anno

Intervista della Gazzetta all’arbitro Rocchi al suo ultimo anno. Parla molto del Var che nell’intervista coniugano al femminile.

«L’avessi avuta ai miei tempi, quante notti insonni avrei evitato. Un arbitro, quando sbaglia, ci sta male. Ma è il modo migliore per crescere. È una ciambella di salvataggio, un modo per evitare di farsi male. Uno strumento, però, che va gestito nel modo giusto».

«La Var è un supporto all’arbitraggio, non può essere il contrario. Chi va in campo deve restare centrale, e per farlo deve arbitrare bene. Cosa significa? Prendere decisioni. Assumersi la responsabilità, senza tentennamenti. Così il Var diventa marginale. Se invece non lo facciamo, mandiamo in difficoltà il collega al video, perché gli diamo un onere eccessivo».

In competizione con il Var.

«Non è così. Però siamo essere umani, e ci sono rapporti personali in campo. La relazione tra il direttore di gara e il Var dovrebbe essere soltanto professionale, ma poi capita che un giovane “varista” abbia qualche timore a correggere il grande arbitro, e il grande arbitro qualche premura a non mandare in difficoltà un giovane collega, facendogli notare dopo 5’ che ha già commesso un errore. È umano, ed è anche per questo che chi va in campo deve avere il coraggio di decidere. Nicola (il designatore Rizzoli, ndr) sta martellando su questo tasto, io sono d’accordo».

Falli di mano

«Ridurranno ulteriormente il margine di discrezionalità. Un braccio alto, o un movimento innaturale, sarà sempre rigore».

 

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