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Di Rocco (presidente Federciclismo): “#metoo? Il problema c’era ma lo abbiamo risolto”

Sul Giornale il tema degli abusi sulle atlete: “Il tecnico che fu implicato, è rimasto al suo posto. Ha capito e ha cambiato registro. Fino a prova contraria era semplicemente una storia d’amore corrisposta”

Di Rocco (presidente Federciclismo): “#metoo? Il problema c’era ma lo abbiamo risolto”

Abbiamo raccontato, nei giorni scorsi, della nascita di un movimento #metoo anche nel mondo del ciclismo. I tedeschi del Team Sunweb hanno preparato un decalogo contro gli abusi dopo la denuncia di 4 cicliste nei confronti di Patrick Van Gamsen, patron di Health Mate.

Il Giornale ha deciso di andare a fondo del fenomeno sulle sue pagine.

Domenica il quotidiano ospitava l’intervista a Silvio Martinello, oro olimpico ad Atlanta, oggi voce di Radio Rai.

Nel 2007 presentò al Consiglio Federale della Federciclismo una relazione in cui riportava testimonianze di diverse atlete di livello nazionale circa “metodi e comportamenti al limite della decenza”.

Martinello sottopose il suo dossier al Presidente Federale Renato Di Rocco. Racconta:

“Mi ascoltò, dandomi l’impressione di conoscere molto bene l’argomento, ma mi disse che se nessuno aveva la forza di sporgere denuncia era difficile fare dei passi. Io credo invece che al proprio interno qualcosa si potesse già fare allora. Si potevano avviare delle indagini e verificare quella ridda di voci che circolano insistentemente da anni. Nessuno ci vieta di agire in autonomia, seguendo la politica del buon padre, senza che un giudice disponga qualcosa. Ho ancora davanti a me l’immagine di una ragazza che chiese di potermi parlare e con le lacrime agli occhi mi raccontò di violenze subite da parte di un tecnico. Le dissi di avere fiducia nella giustizia e di parlare, ma non se la sentì. Oggi non corre più e non è più nel giro azzurro. Non è più nel mondo del ciclismo e credo che non ne voglia più sapere”.

Ieri, Il Giornale ha dato voce al presidente Di Rocco. Che ha parlato di problema risolto:

“Il problema per quanto mi risulta risale al 2011: è stato affrontato e risolto. Ognuno ha fatto un salto culturale”.

E spiega:

“Il problema è sorto tra due persone maggiorenni e consenzienti. È chiaro che a me la cosa non piaceva neanche un po’, e non l’ho fatta cadere nel nulla: da una parte la minaccia di un esonero immediato, dall’altra una condotta consona a persone che vestono e rappresentano la maglia azzurra. Ognuno si è assunto le proprie responsabilità e ha cambiato passo”.

Nessun problema con minori, almeno non nel giro azzurro. Il tecnico a cui facevano riferimento le denunce, tuttavia, è rimasto al suo posto:

“Ha capito e ha cambiato registro. Fino a prova contraria era semplicemente una storia d’amore corrisposta”.

Non era la prima volta, ammette il presidente che aggiunge:

“Oggi il problema è seguito con grandissima attenzione da tutto il Consiglio Federale che ha messo in atto una procedura federale rigorosissima. Noi da anni informiamo le famiglie e le ragazze, siano minori o non, a denunciare abusi e minacce. Le invitiamo a non aver paura e sono solito dire loro: “Non siete sole”. Da almeno un paio di anni abbiamo varato una posta elettronica che garantisce l’anonimato ed è gestita da un organo di vigilanza esterno alla Federazione, che garantisce la terzietà e con la quale si possono denunciare atti di molestie e abusi”.

E ammette anche che qualche mese fa si è riproposta una circostanza simile nelle Marche.

“C’era una società che teneva sette ragazze in un monolocale senza neanche i servizi igienici minimi. Situazioni imbarazzanti, che noi abbiamo affrontato. Oggi l’attenzione si è alzata e anche di molto. All’interno dell’Accpi, il sindacato dei corridori italiani, c’è Alessandra Cappellotto ex campionessa del mondo, che si sta adoperando tantissimo alla causa. Ora però bisogna fare l’ultimo passo: abbattere il muro dell’omertà”.

 

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