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Moggi: “Abete ha azzerato il calcio italiano, altro che Calciopoli. L’Italia vinse i mondiali grazie alla Juve”

Nella sua rubrica su Libero: “Con lui l’Italia è stata eliminata due volte ai Mondiali al primo turno. Calciopoli non doveva esistere”

Moggi: “Abete ha azzerato il calcio italiano, altro che Calciopoli. L’Italia vinse i mondiali grazie alla Juve”

Su Libero, nella sua rubrica “Il pallone di Luciano”, Moggi attacca Giancarlo Abete che dopo Calciopoli subentrò al dimissionario Carraro a capo della Federazione. “Non ha ancora capito cosa è stata Calciopoli”, dice. E glielo spiega lui che nella faccenda è stato, invece, primo attore.

Non fu la vittoria dell’Italia a rivalutare il calcio

Moggi accusa Abete di aver detto, in questi giorni, che la vittoria dei Mondiali 2006 da parte della nazionale italiana ebbe il merito di rivalutare il calcio italiano dopo Calciopoli.

“Sarebbe facile rispondergli che successivamente, con lui a capo del calcio, l’Italia è stata eliminata dai mondiali al primo turno, sia nel 2010 che nel 2014, con ciò denotandola sua incapacità di sovrintendere a questo sport. Mentre la Nazionale che vinse nel 2006 era in gran parte formata da quei giocatori che giocavano nella Juventus, retrocessa per non «aver commesso il fatto». Se è vero che la sentenza del tribunale sportivo così ci racconta: «Campionato regolare, nessuna partita alterata»”.

Alla finale di Berlino c’erano 9 giocatori juventini

Nella finale di Berlino, scrive Moggi, si contavano addirittura 9 giocatori bianconeri. 4 nella Francia e 5 nell’Italia:

“Tutti giocatori scelti dal sottoscritto il cui valore lo avevano già dimostrato nel nostro campionato e lo ribadirono nel mondo”.

“Ad azzerare il calcio italiano furono quelli come Abete”

Dunque non fu Calciopoli “che non doveva esistere”, chiarisce Moggi, “ad azzerare il calcio italiano di quel tempo”. Bensì quelli che sono arrivati dopo, compreso Abete, che “hanno dimostrato scarsa conoscenza della materia e, ad essere bravi, poca organizzazione”.

La sentenza della Corte di Appello di Milano

Moggi porta a supporto della sua tesi la sentenza della Corte di Appello di Milano, che assolveva Moggi e condannava Gianfelice Facchetti recitando:

“È noto a tutti come al tempo del procedimento c.d. Calciopoli fosse opinione comune che il problema non fosse ascrivibile esclusivamente al “c.d. sistema Moggi”, ma si trattasse di modalità diffuse in quel mondo”.

Ciò, secondo lui, significava che non era certo il suo strapotere a condizionare il calcio e i suoi campionati.

“Secondo noi era piuttosto il presidente federale Carraro quando a novembre del 2004, prima di Inter-Juventus, telefonò al designatore Bergamo intimandogli di chiamare l’arbitro Rodomonti per dirgli di non fare favori alla Juve. O quando, sempre Carraro, richiamò in tono irato il designatore Bergamo, a riguardo delle retrocessioni: «La Lazio domenica va a giocare a Milano e non possiamo far niente (?), ma dopo deve essere aiutata perché non deve retrocedere. E neppure la Fiorentina perché sarebbe un danno per il nostro campionato». E infatti non retrocessero. E a proposito della Fiorentina, dei tuoi amici Della Valle, caro Abete, sono da ricordare anche le telefonate intercorse tra te e Mazzini”.

Giusto il ricorso per la restituzione dello scudetto

Infine Moggi parla dello scudetto assegnato all’Inter. Quello su cui la Juve ha fatto ricorso chiedendone la restituzione. Lo fa tirando in causa sempre la sentenza della Corte di Appello di Milano:

“Ci domandiamo se è possibile che nessuno abbia preso buona nota della sentenza della Corte di Appello di Milano di cui sopra. Dove il relatore riporta tra l’altro quanto dichiarato dal procuratore federale, dr. Palazzi: «L’Inter è la società che rischia più di tutte per il comportamento illegale del suo presidente Giacinto Facchetti». E comunque sarebbe bastato il passaporto falso di Recoba per dimostrare che l’Inter non era degna di avere quel titolo che la Juve aveva conquistato sul campo. E proprio con gli stessi giocatori che avevano dato all’Italia il titolo mondiale nel 2006 a Berlino”.

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