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d’Errico: “I fischi del San Paolo devono farci arrossire di vergogna”

Editoriale del direttore sul CorMez: “L’ennesima corrida strapaesana. Abbiamo mostrato al mondo il volto di una comunità lacerata e incapace di portare sulle spalle il peso della sua straordinaria storia”

d’Errico: “I fischi del San Paolo devono farci arrossire di vergogna”

Sul Corriere del Mezzogiorno Enzo d’Errico parla della cerimonia di apertura dell’Universiade. E di una grande occasione mancata, per i napoletani, di mostrare l’importanza dell’identità, “come un popolo possa sentirsi parte di qualcosa”.

d’Errico si riferisce ai fischi in diretta televisiva ai danni delle delegazioni di Francia, Germania e Israele. I napoletani sono scaduti nel “populismo più becero”, scrive. E’ stato uno spettacolo “indecente” che “racconta meglio di tante parole lo stato di degrado culturale che ormai attanaglia larghe fasce della cittadinanza”.

Perché quei fischi non avevano motivazioni di alcun tipo, non sottintendevano a nessuna battaglia politica o civile, erano solo “un magma fangoso impastato di rabbia e ignoranza”.

“È l’immenso social nel quale stiamo annegando, dove la responsabilità individuale svanisce al riparo della folla o dietro uno smartphone, dove i fatti vengono sepolti dai commenti”.

Qualcosa che non accade solo a Napoli, scrive il direttore del CorMez, ma noi abbiamo sicuramente anticipato i tempi.

Otto anni fa, al tempo della prima elezione a sindaco di de Magistris, i napoletani hanno inaugurato il populismo made in Italy. In tempi non sospetti, quando ancora non c’era neppure l’ipotesi di un governo Lega-Cinque Stelle.

“I risultati, sul fronte amministrativo, sono stati devastanti. E ora affiorano prepotentemente anche gli effetti nefasti che il laissez-faire di Palazzo San Giacomo ha determinato sul tessuto culturale della nostra comunità”.

Perché tanti hanno scelto di recarsi a vedere una manifestazione sportiva basata sulla fratellanza dei giovani di tutti i paesi per fischiare? Che c’entravano quei ragazzi con le politiche dei loro Paesi?

Lo stesso discorso, scrive d’Errico, vale per le istituzioni.

“Questo giornale non ha mai lesinato critiche al sindaco e al governatore. Tuttavia è lecito chiedersi: perché accoglierli con bordate di fischi davanti a una platea internazionale? Che accidenti possono saperne i giovani europei, asiatici, americani delle nostre piccole beghe politiche?”

Il sindaco e il governatore, l’altra sera, rappresentavano i napoletani, che, se davvero avessero dentro di sé un sentimento di appartenenza, avrebbero dovuto applaudirli, dimenticando, per una sera, i contrasti fra gli opposti schieramenti.

“Il sindaco incarnava una città che, seppure a prezzo di grossi sacrifici, ha accolto migliaia di persone giunte qui da ogni angolo della Terra. Il governatore rispecchiava lo straordinario sforzo di una macchina organizzativa che, in appena dieci mesi, ha reso possibile l’Universiade (compresa la bella cerimonia di mercoledì sera) e restituito alla Campania ben 34 impianti sportivi che prima cadevano a pezzi e oggi sono dei piccoli gioielli (a cominciare dallo stadio di Fuorigrotta)”.

Invece la cerimonia dell’Universiade si è trasformata nell'”ennesima corrida strapaesana” a causa dei “ribelli” del San Paolo.

“E conta poco che fossero una minoranza: anche un solo fischio avrebbe dovuto farci arrossire di vergogna”.

Vero è che a dare il cattivo esempio, scrive il direttore, sono stati proprio De Luca e de Magistris che si sono scannati fino all’ultimo minuto, ma i napoletani “hanno sprecato l’occasione per dare a entrambi una lezione di civiltà istituzionale”.

“Non mi scandalizzano tanto le diatribe fra sindaco e governatore, che comunque farebbero bene a moderare i toni”, continua d’Errico:

“mi scandalizza decisamente di più che un popolo (o quantomeno una parte di esso) non sappia più distinguere i contesti entro i quali esercitare il suo sacrosanto diritto di critica al potere. Assuefatti al «lazzarismo» imperante, mercoledì sera abbiamo fischiato contro noi stessi. Senza nemmeno renderci conto che, in quello stesso istante, stavamo mostrando al mondo il volto di una comunità lacerata e incapace di portare sulle spalle il peso della sua straordinaria storia”.

Non si può far finta che non sia successo.

“Napoli deve rimanere tra le grandi capitali della cultura europea. Chi punta a trasformarla in un’arena per gladiatori, invece, vuole scaraventarla oltre i confini della civiltà. In quella provincia dell’anima abitata da odio e ignoranza. Bisogna reagire, prima che sia troppo tardi”.

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