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Astutillo Malgioglio, il portiere che scelse di essere un uomo prima che calciatore

Una storia bellissima raccontata da Il Fatto. Destinato ad essere un secondo portiere, la sua priorità era aiutare i ragazzi disabili. Il più bel ricordo che ha del calcio è Trapattoni

Astutillo Malgioglio, il portiere che scelse di essere un uomo prima che calciatore

Sul Fatto oggi in edicola Paolo Ziliani ci racconta la bellissima storia di Astutillo Malgioglio, il portiere che esordì a 10 anni in Serie A e a 21 anni aveva indossato tutte le maglie delle Nazionali giovanili. Ha giocato con Bologna, Brescia, Pistoiese, Roma, Lazio, Inter, Atalanta. Quasi mai titolare. Poi, a un certo punto, decise di essere prima un uomo, poi un calciatore.

Più che rivedersi nelle immagini in tv, a Malgioglio piacevano i racconti di sua nonna Ines, che parlava a tutta la famiglia riunita di guerra e di vita.

E’ stato un bravissimo portiere e forse nemmeno lui se ne è mai reso conto.

La svolta della vita

Un giorno, racconta Ziliani, a Brescia, mentre è con la fidanzata Raffaella, decide di visitare un centro per ragazzi disabili. Un’esperienza che cambia definitivamente entrambi.

“Mi impressionò la loro emarginazione, lo stato di abbandono ma soprattutto il menefreghismo della gente. Per me fu un pugno nello stomaco. Così parlai con Raffaella e decidemmo che non saremmo rimasti con le mani in mano. Ci mettemmo a studiare, acquistammo i macchinari e aprimmo a Piacenza un centro per la riabilitazione motoria dei bambini cerebrolesi”.

Inizia la seconda vita di Astutillo. Nel tempo che gli rimane libero dalla carriera calcistica, diventa educatore – gratuitamente – di bambini disabili.

Il Brescia lo mette fuori squadra

A Brescia, però, è arrivato un nuovo allenatore, Marino Perani, e che Malgioglio perda tempo ad aiutare i bambini disabili non gli piace affatto. Lo mette fuori squadra. Il Brescia finisce col retrocedere.

Liedholm e la Roma

La carriera di Astutillo, però, non tramonta. Nell’estate del 1983, su di lui mette gli occhi Liedholm, allenatore della Roma, che lo vide esordire ragazzino proprio contro la sua squadra. Il mister chiede al presidente Dino Viola di acquistarlo come secondo di Tancredi. Viola acconsente.

Malgioglio gioca poco ma è contento:

“Liedhlom gli ha messo a disposizione il centro di Trigoria per continuare il suo lavoro sui bambini disabili e Di Bartolomei, il capitano, non manca mai d’invitarlo alle visite ai bambini malati del Bambin Gesù”.

Il passaggio alla Lazio

Ma la vita è strana, a volte, e Malgioglio finisce alla Lazio, voluto fortemente da Gigi Simoni. Da qui parte l’inferno. I suoi nuovi tifosi non lo accettano. I cori e gli striscioni contro di lui si sprecano: “Sporco romanista, sei il primo della lista”, oppure “Se stai sempre con gli handicappati, quanno ce pensi ar pallone?”.

Anche la moglie e la figlia subiscono l’odio incomprensibile e generalizzato.

“Torna dai tuoi mostri”

Finché arriva il giorno di Lazio-Vicenza. “Malgioglio non è in giornata”, scrive Ziliani. La Lazio perde 3-4. Il portiere, insultato per tutta la durata della partita, all’improvviso vede uno striscione che recita: “Torna dai tuoi mostri”. Non ci vede più, perde il controllo. Si toglie la maglia, ci sputa sopra e poi la getta ai tifosi.

La Lazio ne chiede la radiazione.

Astutillo torna a Piacenza a fare l’educatore a tempo pieno. Ma la sua carriera non è finita come forse crede.

L’arrivo di Trapattoni

All’Inter, nel 1986, è appena arrivato Trapattoni, che cerca un secondo per Zenga e pensa proprio a Malgioglio, “il portiere più diseredato del momento. Gli dice:

“Vorrei che venissi perché il calcio ha bisogno di persone come te”

Così Astutillo passa cinque anni all’Inter e con gli ingaggi e i premi riesce anche a dare impulso al centro per i bambini disabili. Di Trapattoni dice:

“Credo sia stato Dio a mettere quell’uomo sulla mia strada: e in quel momento, poi! Durante i ritiri, la sera, Trapattoni aveva l’abitudine di fare il giro delle stanze per dire una parola a ciascuno di noi. A volte entrava nella mia, si fermava sulla porta e si metteva a piangere. Non diceva niente, ma in realtà mi parlava. Era un uomo che viveva per il calcio e per il lavoro ma che sapeva che nella vita c’è molto altro. E se io ero lì, davanti a lui, era perché ero un buon portiere, certo, ma anche perché aveva visto in me l’uomo”.

Il più bel ricordo che è rimasto a Malgioglio della sua carriera calcistica è un biglietto scritto a mano da Trapattoni, consegnatogli nell’estate del ’91, quando il mister lasciò l’Inter.

“Mi si fece davanti e mi guardò con lo sguardo di chi sa che l’avventura è finita: per lui e per me. Tolse di tasca un biglietto, scritto a mano, e me lo porse. Sapevo perfettamente le parole che avrei letto. E sì, il biglietto scritto a mano dal Trap è il più bel ricordo che mi è rimasto del calcio”.

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